Prove di integrazione religiosa in Egitto. L‘Università del Cairo ha disposto di eliminare la voce relativa alla “religione di appartenenza” che doveva comparire nei documenti e certificati personali degli studenti e del personale di tutte le facoltà e di tutti gli organismi appartenenti o collegati all’Ateneo. Nel comunicato che ha reso nota la disposizione disciplinare interna si fa riferimento alla Costituzione egiziana del 2014 e al Decreto presidenziale relativo alle università, emanato nel 1972.
La decisione dell’Università cairota si inserisce nel dibattito già da tempo avviato nella società egiziana da gruppi e settori politici che chiedono di eliminare la menzione obbligatoria della religione di appartenenza dai documenti d’identità dei cittadini. Tale richiesta viene sostenuta in particolare da gruppi organizzati di atei o agnostici e dai seguaci della religione Baha’i.
Lo scorso giugno, sessanta parlamentari egiziani avevano firmato e presentato un disegno di legge in 18 articoli sulla cittadinanza che – all’articolo 3 – chiedeva di eliminare il “campo” relativo all’appartenenza religiosa da tutti i documenti d’identità. “Nessun cittadino deve essere tenuto a dichiarare la propria religione, se non quando tale dichiarazione è necessaria come condizione per affrontare questioni relative a eredità e matrimoni”, si leggeva nel testo.
In Egitto, dei 90 milioni di abitanti, circa l’85% della popolazione è di fede musulmana sunnita. Del rimanente, il 15% sono cristiani copti: il Patriarcato di Alessandria è una delle più antiche e storicamente importanti sedi apostoliche della cristianità. Esistono inoltre piccolissime minoranze di ebrei (resto di un’antichissima comunità fiorente fino alla metà del XX secolo) e di bahá’í, una religione abramitica monoteistica nata in Iran durante la metà del XIX secolo, i cui membri seguono gli insegnamenti di Bahá’u’lláh (1817-1892), il suo fondatore. Tale religione sottolinea l’unità spirituale di tutta l’umanità e conta nel modo quasi 7 milioni di fedeli.