E' scomparsa una delle grandi figure del mondo islamico in Italia, convinto sostenitore del dialogo interreligioso. Lo Shaykh Abd al Wahid Pallavicini si è spento domenica 12 novembre all’età di 91 anni. Discendente di una nobile famiglia lombarda che ha dato i natali a Papi e cardinali, è stato il capo spirituale della Comunità religiosa islamica (Coreis) che riunisce la maggior parte degli italiani convertiti all'Islam. In una nota, la Coreis ricorda che “la moschea al-Wahid di Milano in via Giuseppe Meda 9 sarà aperta al pubblico dalle 12 di venerdì 17 e onorerà la preghiera al defunto dopo la preghiera rituale comunitaria alle 13.30. Abd al Wahid Pallavicini ha percorso i poli da Occidente a Oriente. La sua conversione all’Islam nelle mani di Titus Ibrahim Burckhardt è avvenuta il 7 gennaio 1951, mentre si spegneva al Cairo il metafisico francese René Guénon” che ispirò la dottrina metafisica di Pallavicini. Negli anni ’80 fondò in Italia e in Francia una comunità di musulmani ricollegata al sufismo tradizionale. “Le sue testimonianze per un ecumenismo 'al vertice' – prosegue la nota – risuonano degli insegnamenti dei maestri spirituali musulmani che rinnovano nell’umanità il ricordo di Dio. Lo Shaykh Pallavicini ha riportato l’Islam in Italia dopo 700 anni dalla sua assenza stabilendo una prima comunità islamica autoctona”. Oltre alla Coreis, ha favorito la costituzione di punti di riferimento del culto e della cultura islamica in Francia con l’Institut des Hautes Etudes Islamiques e, sempre in Italia, l’Interreligious Studies Academy (Accademia ISA). Il dialogo tra le religioni era profondamente radicato nella sua personalità al punto di essere amico personale di tre Papi e di rabbini di Israele, Polonia e Stati Uniti.
“Grazie all’orientamento dato dallo Shaykh Pallavicini – affermano ancora dalla Coreis – è forse oggi possibile per le Istituzioni dello Stato e le rappresentanze delle altre religioni riconoscere un Islam pienamente italiano, ecumenico, spirituale e distante da ogni contraffazione e strumentalizzazione”. Il testamento spirituale di Abd al Wahid può essere rappresentato da quano scritto nel libro “Il nome di Dio nell’Islam” (Edizioni Il Messaggero di Padova): “Ai nostri discepoli chiediamo di tenersi saldi nei principi della fede senza scendere a compromessi con le crescenti suggestioni di questo mondo; alle autorità spirituali chiediamo invece di tenere fede allo spirito di fratellanza che abbiamo condiviso nel corso di più di quarant’anni di dialogo, con particolare attenzione a un sempre più necessario affinamento intellettuale e a un discernimento sui segni dei tempi, mentre alle autorità civili chiediamo di sostenere anche fattivamente una realtà spirituale eccezionale nel suo genere, dalla quale possono dipendere non pochi delicati equilibri nei rapporti fra Oriente e Occidente, equilibri che potrebbero divenire ancora più importanti nel corso dei prossimi anni”.
Fino alla fine lo Shaykh Pallavicini non ha smesso di richiamare i suoi discepoli alla sincerità della vocazione contemplativa vivificata anche da una presenza attiva in questo mondo. La sua eredità spirituale è ora nelle mani del figlio Yahya, imam a Milano