Quando si parla diĀ lavoro in nero, in genere, si pensa all'evasione fiscale e ai milioni di euro che lo Stato perde. Qui nella mia terra lavoro in nero significa rifiuti illegali, rifiuti illegali vuol dire roghi tossici, che producono fumo nero e causano il tumore al polmone“. A parlare ad In Terris ĆØ don Maurizio Patriciello, parroco della chiesa di San Paolo Apostolo a Caivano, provincia di Napoli,Ā piĆ¹ precisamente nel quartiere conosciuto come Parco Verde, ma che in realtĆ di verde ha ben poco. Caivano ĆØ l'ultima cittĆ della provincia di Napoli e i suoi confini toccano quelli della provincia di Caserta. Questa zona a cavallo delle due province, prevalentemente a vocazione agricola, ĆØ la cosiddetta Terra dei Fuochi dove i tanti rifiuti e veleni scaricati illegalmente su quei terreni causano malattie e morte al pari di una cittĆ fortemente industrializzata. Don Maurizio, che abbiamo raggiunto telefonicamente, ci ha raccontato la sua vita:Ā dall'abbandona della Chiesa Cattolica, l'esperienza in una comunitĆ evangelica, l'incontro con un frate che gli ha cambiato la vita. E poi la scelta di diventare sacerdote, fino alla scoperta del dramma che affligge la sua terra e l'incontro con Nadia Toffa, prima inviata e poi conduttrice de Le Iene, che con le sue inchieste ha dato risalto mediatico alla Terra dei Fuochi. La “iena”, che negli ultimi anni ha combattuto con un tumore, si ĆØ spenta lo scorso 13 agosto e, proprio per l'amicizia che li legava, ĆØ stato don Maurizio a celebrare il suo funerale.Ā
Don Maurizio, come ha scoperto la fede e la vocazione al sacerdozio?
“Umanamente parlando potrei dire per caso, ma nella logica di Dio il caso non esiste e quindi mi ha tirato un trabocchetto. Io sono nato in una famiglia cattolica e quando ero giovincello sono andato via dalla Chiesa Cattolica sbattendo la porta, un po' come tutti quanti. Poi ho incontrato una comunitĆ di fratelli evangelici e mi sembrava che fosse piĆ¹ coerente con quello che GesĆ¹ diceva, mi hanno dato per la prima volta la Bibbia tra le mani, l'ho divorata, l'ho mangiata e pian piano sono entrato in questa comunitĆ e ci sono rimasto per quasi una decina di anni. Ringrazio il Signore per questa esperienza, mi hanno fatto un grande bene perĆ² andando avanti – ho studiato tanto, ho letto tantissimo – perĆ² mi mancava qualcosa. La Chiesa Protestante, soprattutto quella italiana, un po' come la Chiesa d'Oltralpe, hanno un po' il dente avvelenato con la Chiesa Cattolica, diciamo cosƬ. C'erano dei nodi che non riuscivo a sciogliere: il primo era il principio dell'autoritĆ . La Chiesa protestante ĆØ molto sbriciolata, perchĆ© appena qualcosa non va un gruppetto si separa dalla comunitĆ e ne fonda un'altra, un aspetto che fa soffrire molto, ma nessuno ha l'ultima parola perchĆ© non esiste il principio di autoritĆ , questo mi pesava molto. Un altro aspetto in cui facevo difficoltĆ era la Santa Cena, un ricordo dell'ultima cena, ma non l'Eucarestia. Nel leggere il Vangelo qualcosa non mi tornava. E poi la figura di Maria. I fratelli evangelici hanno una grande stima per GesĆ¹, ma anche una gelosia per Maria, hanno il timore che lei possa prendere per sĆ© qualcosa della gloria del figlio. Io non la vedevo cosƬ, non riuscivo, anche perchĆ© mia mamma ĆØ morta che io ero molto giovane e la vedevo sempre con la corona in mano che pregava. Queste erano delle mie riflessioni interiori a cui non riuscivo a dare risposta. Un giorno, andando a Napoli dove lavoravo come caporeparto di un ospedale, ho incontrato un frate francescano che faceva l'autostop. Era un frate di una riforma francescana di queste un po' piĆ¹ severe, si chiamano Frati Minori Rinnovati, a Napoli vivono in diversi vagoni ferroviari, con una povertĆ molto severa, vanno completamente scalzi. Mi aveva incuriosito e quindi mi sono fermato. Mi ha detto che si chiamava Fra Riccardo. Quell'incontro non l'ho dimenticato e dopo un po' di tempo sono andato a cercarlo, gli spiegato la mia situazione, i miei dubbi e gli ho chiesto di aiutarmi senza nessuna pretesa di farmi diventare cattolico. E ho trovato in lui competenza teologica, serietĆ di vita e testimonianza evangelica ed ĆØ diventato il mio padre spirituale. Ho fatto rientro nella chiesa cattolica e mi sono iscritto al primo anno di teologia perchĆ© sentivo questo bisogno di sapere, perĆ² da laico. L'anno dopo, come un frutto che oramai ĆØ diventato maturo, ho capito quale era la mia strada, ho lasciato il mio lavoro e sono entrato in seminario”.Ā
Lei ĆØ parroco a Caivano, in quartiere che ĆØ chiamato Parco Verde ma che di verde ha ben poco…
“SƬ, io sono parroco a Caivano una cittĆ Ā di 45.000 abitanti. Ci sono sei parrocchie e un santuario. Io sono nella zona di Parco Verde, un quartiere molto povero, nato dopo il terremoto dell'80. Ci sono palazzoni tutti uguali, questi quartieri popolari che sono stati studiati a tavolino, quartieri dove non c'ĆØ niente di bello da vedere, ma li hanno fatti cosƬ, che ci dobbiamo fare?”
Parliamo della Terra dei Fuochi, lei ĆØ diventato il simbolo della lotta in questa zona.Ā
“Caivano ĆØ l'ultimo in paese in provincia di Napoli e confina con la provincia di Caserta. Questa fascia di territorio a cavallo delle due province ĆØ quella che prenderĆ il nome di Terra dei Fuochi. Ma io all'inizio non lo sapevo. IIĀ Parco di per sĆ© ha giĆ mille problemi, c'ĆØ un grosso spaccio di droga e a questo si ĆØ aggiunta la questione ambientale. Proprio in questi giorni stiamo vivendo ancora una volta una situazione difficile perchĆ© chiuderĆ l'inceneritore di Acerra e tutte le immondizie di Napoli arriveranno ancora una volta a Caivano. Purtroppo le autoritĆ agiscono in questo modo. Nel 2012, io sono diventato sacerdote a 34-35 anni e mi sono sempre difeso da ogni impegno che avesse il sapore troppo sociale, mi dicevo sono diventato prete e voglio fare il prete, gli altri faranno quello che ĆØ di loro competenza. Sono stato trascinato dentro, credo che sia stata ancora una volta la provvidenza, perchĆ© non se ne poteva piĆ¹ c'erano fumi e roghi dappertutto e la gente veramente era esausta. E quando mi sono reso conto che le autoritĆ erano all'anno zero, mi sono detto: 'Qua dobbiamo alzare la voce'. Grazie a Dio, io giĆ scrivevo per Avvenire e ho chiesto aiuto a Marco Tarquinio e lui, dopo averci riflettuto su, ha mandato qua due suoi inviati, Toni Mira e Pino Ciociola, e cosƬ c'ĆØ stata la voce del giornale dei vescovi che ha dato voce a livello nazionale ha iniziato a questo problema”.
Nel 2014 il governo aveva messo in cantiere un decreto che prevedeva lo screening gratuito per gli abitanti e le famiglie della Terra dei Fuochi. E' stato approvato? Ci sono stati cittadini che hanno potuto usufruire di visite mediche specialistiche?
“SƬ,Ā piccole cose. Da un lato mettono in atto queste cose, ma dall'altro vogliono dire – e lo hanno detto – che non ĆØ vero assolutamente che in Terra dei Fuochi ci si ammala e si muore di piĆ¹. O meglio, forse, si muore di piĆ¹ – attenzione alla sottolineatura – ma ci si ammala come in altre zone del Paese, laĀ colpa non ĆØ quindi dell'ambiente ma della sanitĆ che non funziona: se io e un milanese ci ammaliamo insieme, stessa patologia, il milanese guarirĆ e io morirĆ², perchĆ©? PerchĆ© la sanitĆ al nord funziona meglio della mia. C'ĆØ questa sottolineatura che loro facevano. E poi come sempre si cerca id imbrogliare le carte, nel senso che siamo sentiti dire: 'Voi morite come si muore in tutte le cittĆ industrializzate”, dimenticando che noi siamo una zona a vocazione agricola. Se in un territorio di campagna, si muore come accade accanto all'Ilva di Taranto, significa che c'ĆØ qualcosa che non va. Per essere un poco cinici, almeno lĆ il lavoro c'ĆØ, qua neanche quello. Oltre al danno la beffa. Una delle cose positive che abbiamo ottenuto, nel maggio del 2015, c'ĆØ stata l'approvazione di una legge sui reati ambientali che l'Italia non aveva. Prima iĀ delinquenti che facevano queste cose non correvano alcun rischio. Una persona che non se ne intende pensa all'immondizia delle case, ma il problema grave sono i rifiuti industriali, che vengono prodotte in regime di evasione fiscale. Pensa che in Campania ogni giorno si producono cinque mila tonnellate di rifiuti urbani e sei mila tonnellate di rifiuti industriali illegali. Domanda: 'Questi rifiuti dove vanno a finire?'. Se ci sono dieci mila paia di scarpe prodotte con il lavoro in nero, gli scarti tu non li puoi assolutamente andare a dichiarare e allora o dovranno bruciare sui roghi, o essere nascosti tra i rifiuti urbani. C'ĆØ confusione dal punto di vista delle autoritĆ , una confusione voluta perchĆ© non si ha il coraggio di mettere le mani sul problema del lavoro in nero. Quando si parla di questo tema, in genere, si pensa subito all'evasione fiscale e alle perdite dello Stato italiano. Da noiĀ lavoro in nero vuol dire rogo tossico, rogo tossico vuol dire fumo nero, fumo nero vuol dire tumore ai polmoni. Capisci come stanno le cose?Ā
Lei da sempre lotta per la sua terra e questo significa combattere anche contro le cosche mafiose, principali responsabili di questo traffico illegale di rifiuti. Non ha paura di ritorsioni? Non teme per la sua vita?
“Paura ne abbiamo, ma viviamo in grazia di Dio che ci aiuta ad essere prudenti. C'ĆØ stato questo abbraccio mortale tra la Camorra 'nostra', i veri camorristi, e i camorristi industriali con la cravatta e la camicia. I primi lo dichiarano apertamente che vogliono solo fare i soldi e non si curano di nulla, i secondi si presentano come industriali, datori di lavoro ma sono piĆ¹ camorristi dei primi. Io l'ho detto e scritto tante volte, i pentiti li abbiamo solo tra i camorristi, non cƬĆØ un industriale che abbia ammesso le sue colpe, anzi si difendono ed ĆØ difficile acciuffarli. Si crea confusione volutamente, parlando dei rifiuti urbani e quindi si addita i cittadini definendoli incivili. Poi quando la raccolta differenziata viene fatta, pensa che l'anno scorso sono bruciato 4-5 siti di stoccaggio che raggruppavano tonnellate di plastica, abbiamo avuto proprio l'inferno. Sono tutti incendi dolosi. Il problema ĆØ che sull'immondizia ci sono guadagni enormi. E poi c'ĆØ sempre il discorso del lavoro in nero, sul quale nessuno vuole mettere mano. In Campania c'ĆØ molta gente che sopravvive con il lavoro in nero”.Ā
Le persone che abitano in questa zona come combattono questa piaga? Sono attivi o restano in silenzio?
“Si tanti sono attivi con me, altri no. I nostri amministratori locali sono sempre un po' contro, perchĆ© le nostre azioni mettono in luce le loro omissioni e, in qualche caso, anche le loro incapacitĆ . E poi ci sono gli effetti collaterali a livello politico ed economico che rendono difficile la battaglia.Ā A livello locale le istituzioni riconoscono che ci sia un problema, ma chiedono di non farne un dramma, altrimenti l'agricoltura ne potrebbe risentire. E' chiaro che se si annuncia che un pesce ĆØ avvelenato, il pescivendolo protesterĆ perchĆ© non guadagna. La gente, quando proprio non ne puĆ² piĆ¹, vuole che io stia lĆ a fare il capopopolo, quando le cose vanno meglio c'ĆØ la tendenza a dimenticare in fretta. Anche perchĆ© la gente vuole vivere, diciamoci la veritĆ : siamo nel mese di agosto, i giovani vogliono divertirsi, andare al mare. Quando puzza di bruciato dappertutto, allora ĆØ diverso”.Ā
PerchĆ© ha deciso di scrivere il libro “Vangelo dalla Terra dei Fuochi?
“Veramente non lo ho deciso io, ĆØ stata la casa editrice che mi ha proposto questa cosa e io ho accettato. Dopo 'Vangelo dalla Terra dei Fuochi'Ā c'ĆØ stato 'Non aspettiamo l'apocalisse'. Ho acconsentito a scrivere i libri perchĆ© mi sono reso conto che questa nostra battaglia superava i confini regionali e diventava qualcosa di piĆ¹ importante. Pensa che Papa Francesco ha rivelato alla Chiesa e al mondo di aver scritto l'enciclica 'Laudato sƬ' quando sorvolando la Terra dei Fuochi, guardando giĆ¹ vedeva le famose ecoballe che stanno a Giuliano, nella zona della Terra dei Re e sembravano le tombe dei Ciclopi. Le ecoballe, sonoĀ sei milioni di tonnellate di 'monnezza' che sta lĆ da dieci anni, tutta bella impacchettata e chissĆ quanto ancora ci resterĆ . E allora io capivo che la situazione superava i confini regionali e quindi, anche attraverso Avvenire e con i libri sarei dovuto arrivare sempre un po' piĆ¹ in alto per contribuire a risolvere il problema. Pensa che ora sta bruciando l'Amazzonia, ĆØ qualcosa di orribile. Pensa che nell'Oceano c'ĆØ un'isola di plastica enorme, un'altra si trova nel Mediterraneo tra la Corsica e l'Isola d'Elba. Voglio dire i problemi sono seri. L'uomo non ha capito che con l'ambiente siamo gemelli siamesi, se muore l'ambiente ci trascinerĆ nella tomba dietro di lui”.Ā
Il dramma della Terra dei Fuochi e delle persone che abitano in quella zona, oltre che grazie al suo lavoro, gli editoriali scritti da lei e pubblicati su Avvenire, ha avuto ampia risonanza a livello nazionale eĀ internazionale anche grazie alle inchieste della Iena Nadia Toffa. Come vi siete conosciuti?
“Lei ĆØ arrivata qua un giorno per una cosa simpatica. Facevano quelle interviste mettendo due preti a confronto e quella volta misero accostarono me e don Gallo. Quando ĆØ finito tutto le ho detto di lasciar stare queste cose ma di tornare nella zona per il problema dei roghi tossici. E sono tornati per un'inchiesta, siamo diventati amici. Sono ritornati una seconda volta. Io Nadia siamo sempre rimasti in contatto, poi con la malattia i messaggi che ci inviavamo sono diventati sempre piĆ¹ profondi. Una settimana prima della sua morte, mi hanno telefonato dicendomi che era grave e che aveva chiesto che fossi io a celebrare il suo funerale. Sono rimasto di stucco. Sono partito il giorno di Ferragosto, ero qua. Ma anche se fossi stato dall'altro capo del mondo sarei tornato immediatamente per lei. Non ĆØ stato facile per celebrare quel funerale, anche perchĆ© c'erano centinaia di telecamere, migliaia di persone, oltre ad essere commesso ero anche intimidito. PerĆ² ho detto: 'Signore fa quel che vuoi'. La cosa importante ĆØ che ho dato un po' di conforto a quei genitori”.Ā