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Don Ciotti: “Dilagante normalizzazione dei fenomeni mafiosi”

Il corteo di Libera ha visto a Roma la presenza di migliaia di partecipanti. Don Ciotti: "Importante riaccendere i riflettori sulla presenza della criminalità organizzata nella Capitale e nel Lazio"

Centomila persone hanno partecipato a Roma alla manifestazione della Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie, promossa da “Libera”. Il corteo pacifico ha marciato per Roma, ribadendo l’impegno contro la criminalità organizzata e la corruzione.

Gli organizzatori hanno sottolineato l’importanza di mantenere viva la memoria delle vittime innocenti delle mafie e il costante impegno per la verità e la giustizia. Don Ciotti ha sottolineato la trasformazione delle mafie in forme più imprenditoriali e transnazionali, invitando a liberare il Paese dall’ingenuità e dalla normalizzazione del crimine organizzato. 

Don Ciotti: “Dilagante normalizzazione dei fenomeni mafiosi”

«Riaccendere i riflettori sulla presenza della criminalità organizzata nella Capitale e nel Lazio e combattere la pericolosa e sempre più dilagante normalizzazione dei fenomeni mafiosi e corruttivi»: è stata questa la motivazione che ha spinto circa centomila persone, secondo gli organizzatori, a partecipare, giovedì mattina a Roma, alla manifestazione in occasione della ventinovesima edizione della Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, promossa dall’associazione “Libera” di don Luigi Ciotti.

Il 21 marzo — hanno spiegato gli organizzatori della Giornata — è memoria, memoria di tutte le vittime innocenti delle mafie. Persone, rese vittime dalla violenza mafiosa, che rappresentano storie, scelte e impegno. Lo stesso impegno che viene portato avanti dalle centinaia di familiari che camminano con “Libera” e che ne costituiscono il nucleo più profondo ed essenziale, nella continua ricerca di verità e giustizia.

Un corteo pacifico di manifestanti, con lo slogan “Roma città libera” è partito alle ore 9 da piazza dell’Esquilino e ha raggiunto dopo circa un’ora e mezzo di cammino il Circo Massimo, dove dal palco si è dato seguito alla lettura dei nomi (oltre mille) delle vittime delle mafie.

Proprio Roma, infatti, è terreno fertile per le organizzazioni malavitose tradizionali, con cui coesistono anche quelle autoctone. “Roma città Libera”, quindi dalle mafie, dalla corruzione, dal narcotraffico, dal traffico degli esseri umani, dai crimini ambientali, dai capitali illeciti, dall’indifferenza, dalla politica distante dal bene comune e dalla prossimità con i cittadini, dal lavoro nero e precario.

I manifestanti hanno camminato al fianco dei familiari delle vittime innocenti, per sostenere le loro istanze di giustizia e verità, per rinnovare la memoria collettiva e manifestare insieme l’impegno per la legalità. «Spesso i familiari delle vittime innocenti delle mafie avvertono assenza e sottovalutazione. L’assenza di una politica concentrata su tatticismi di palazzo e incapace di generare politiche volte al bene comune, stando nelle strade e incontrando i bisogni delle persone. Sottovalutazione rispetto alla violenza di cui sono capaci le mafie, in modo eclatante e silente, che può diventare una colpevole superficialità capace di generare la normalizzazione del fenomeno mafioso e criminale. Dobbiamo rimettere al centro il sacrificio delle vittime innocenti e di quanti oggi subiscono la violenza mafiosa e non hanno ancora trovato la forza di ribellarsi».

Roma ha celebrato la Giornata nel 1996, nel 2005, e poi nel 2014, quando il 20 marzo i familiari furono accolti da Papa Francesco, prima della manifestazione nazionale svolta a Latina. E infine nel 2021, durante le restrizioni pandemiche, quando l’Auditorium Parco della Musica è stato teatro di una manifestazione ristretta ma densa di emozioni.

«Dobbiamo liberare il nostro Paese dall’ingenuità e da una certa normalizzazione. Le mafie — ha concluso don Ciotti dal parco del Circo Massimo — cambiano e si trasformano, corrono avanti, oggi sono mafie più imprenditoriali, tecnologiche, transnazionali».

Da: L’Osservatore Romano

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