Due mentalità sul Calvario. Da incontrare nelle parole di Gesù crocifisso e in quelle dei suoi crocifissori. Le parole di Papa Francesco, pronunciate durante l’omelia, attraversano una Piazza San Pietro spazzata dal vento ma illuminata dal sole. Le palme si agitano nella domenica che inaugura la ventura Settimana Santa, mentre il Santo Padre invita a riflettere sul “ritornello” che ha portato l’umanità a crocifiggere Cristo: “Salvare se stessi, badare a se stessi, pensare a se stessi; non ad altri, ma solo alla propria salute, al proprio successo, ai propri interessi; all’avere, al potere, all’apparire”. Il “salva te stesso” che viene gridato a Gesù è l’emblema della mentalità dell’io, quella che si oppone alla visione di Dio. Nemmeno sul Calvario, nelle tre volte in cui prende la parola, Cristo rivendica qualcosa per sé stesso. Anzi, “una sua espressione, in particolare, marca la differenza rispetto al salva te stesso: ‘Padre, perdona loro'”.
L’amore per i nemici
Tre parole. Pronunciate nel momento del dolore più profondo, “quando sente i chiodi trafiggergli i polsi e i piedi”. Cristo chiede il perdono per chi lo sta crocifiggendo: “Diversamente da altri martiri, di cui racconta la Bibbia, non rimprovera i carnefici e non minaccia castighi in nome di Dio, ma prega per i malvagi. Affisso al patibolo dell’umiliazione, aumenta l’intensità del dono, che diventa perdono”. E’ ciò che Dio fa anche per noi, ricorda Papa Francesco. Nei momenti in cui “gli provochiamo dolore con le nostre azioni, Egli soffre e ha un solo desiderio: poterci perdonare”. Guardando il Crocifisso, “vediamo che non abbiamo mai ricevuto uno sguardo più tenero e compassionevole… Lì, mentre viene crocifisso, nel momento più difficile, Gesù vive il suo comandamento più difficile: l’amore per i nemici”. Spesso ci soffermiamo a pensare a qualcuno che ci ha ferito o che non ci ha compresi. O che ci ha fatto del male. Gesù, oggi, ci insegna “a reagire ai chiodi della vita con l’amore, ai colpi dell’odio con la carezza del perdono”.
Non stancarsi del perdono
Un insegnamento da far nostro, per far sì che non sia il rancore a guidare i nostri pensieri. “Se vogliamo verificare la nostra appartenenza a Cristo – spiega il Papa -, guardiamo a come ci comportiamo con chi ci ha feriti. Il Signore ci chiede di rispondere non come ci viene o come fanno tutti, ma come fa Lui con noi”. Dio “non ci divide in buoni e cattivi, in amici e nemici. Siamo noi che lo facciamo, facendolo soffrire”. Il Signore non si stanca di perdonare: occorre capirlo non solo con la mente ma anche con il cuore. Perché, molto spesso, “siamo noi che ci stanchiamo di chiedergli perdono… Non stanchiamoci del perdono di Dio: noi preti di amministrarlo, ogni cristiano di riceverlo e di testimoniarlo. Non stanchiamoci del perdono di Dio”.
Nella guerra si crocifigge Cristo
Le tre parole pronunciate da Cristo sul Calvario implorano il perdono per chi lo sta crocifiggendo. Giustifica loro “perché non sanno”. Gesù “si fa nostro avvocato. Non si mette contro di noi, ma per noi contro il nostro peccato. Ed è interessante l’argomento che utilizza: perché non sanno, quell’ignoranza del cuore che abbiamo tutti noi peccatori. Quando si usa violenza non si sa più nulla su Dio, che è Padre, e nemmeno sugli altri, che sono fratelli”. Esercitare violenza e compiere crudeltà fa dimenticare il perché si sta al mondo. E Papa Francesco ricorda quanto questo sia evidente “nella follia della guerra, dove si torna a crocifiggere Cristo. Sì, Cristo è ancora una volta inchiodato alla croce nelle madri che piangono la morte ingiusta dei mariti e dei figli. È crocifisso nei profughi che fuggono dalle bombe con i bambini in braccio. È crocifisso negli anziani lasciati soli a morire, nei giovani privati di futuro, nei soldati mandati a uccidere i loro fratelli. Cristo è crocifisso lì, oggi”.