Quando si nega “la dipendenza tra creatura e creatore, questa relazione d'amore, si rinuncia in fondo alla vera grandezza dell'uomo, al baluardo della sua libertà e dignità”. Lo scrive Papa Francesco nella sua prefazione al libro di Benedetto XVI “Liberare la libertà. Fede e politica nel terzo millennio” (Cantagalli) che verrà presentato venerdì prossimo. Francesco parte dalla critica del Papa emerito all'ideologia marxista. “Egli – evidenzia – elabora e propone una visione cristiana dei diritti umani capace di mettere in discussione a livello teorico e pratico la pretesa totalitaria dello Stato marxista e dell'ideologia atea sulla quale si fondava”. Oggi “più che mai – aggiunge -, si ripropone la medesima tentazione del rifiuto di ogni dipendenza dall'amore che non sia l'amore dell'uomo per il proprio ego, per 'l'io e le sue voglie'; e, di conseguenza, il pericolo della 'colonizzazione' delle coscienze da parte di una ideologia che nega la certezza di fondo per cui l'uomo esiste come maschio e femmina ai quali è assegnato il compito della trasmissione della vita” e “arriva a ritenere logico e lecito eliminare quello che non si considera più creato, donato, concepito e generato ma fatto da noi stessi”: “apparenti 'diritti' umani”, “tutti orientati all'autodistruzione dell'uomo”. “Così – aggiunge – la difesa dell'uomo e dell'umano contro le riduzioni ideologiche del potere passa oggi ancora una volta dal fissare l'obbedienza dell'uomo a Dio quale limite dell'obbedienza allo Stato. Raccogliere questa sfida, nel vero e proprio cambio d'epoca in cui oggi viviamo, significa difendere la famiglia”.
Insomma, un atteggiamento decisamente opposto a quello del cardinale Reinhard Marx, omonimo del filosofo di cui ieri ricorreva il bicentenario della nascita e presidente dei vescovi tedeschi, che sull'Osservatore Romano ha rilasciato dichiarazioni a dir poco sorprendenti: se non si può “storicamente separare un pensatore da ciò che gli altri più tardi hanno compiuto in suo nome” è “anche vero che non lo si deve nemmeno ritenere responsabile di tutto ciò che è stato commesso in seguito alle sue teorie, fino ai gulag di Stalin”. Il cardinale, in passato vescovo proprio a Treviri, città natale dell'autore del “Capitale”, ha rilasciato due interviste, alla “Rheinische Post” e alla “Frankfurter Allgemeine Zeitung”, in cui, da studioso della dottrina sociale della Chiesa, si sofferma ad analizzare in controluce il pensiero di colui che da molti è stato sempre avvertito come “uno degli acerrimi critici della Chiesa e dei 'preti'”. Eppure, afferma il prelato, “forse, dopo la fine del socialismo reale in Europa, è possibile avere uno sguardo più imparziale sulla sua filosofia“. Perché “Marx è un pensatore che ha contribuito a plasmare la nostra epoca”. Certo, “anche in senso negativo”. Ma non solo. Insomma, “Marx commemora Marx”, come sintetizza Settimananews, il sito in rete dei dehoniani italiani. Per il cardinale, infatti, Marx “era un acuto analizzatore del capitalismo” e “oggi cominciamo a vedere quali effetti politici ed ecologici ha avuto un capitalismo mondiale, globale e senza freni”.
Come se tutto questo bastasse a separare gli orrori perpetrati in passato (e che ancora oggi si consumano in tanti Paesi, a cominciare dalla Cina) dal fondamento teorico e ideologico la cui paternità appartiene tutta al filosofo che, parole sue, ha tanto affascinato il cardinale Marx, al punto da arrivare a sostenere che la dottrina sociale cattolica ha un significativo debito di riconoscenza nei confronti del padre della dottrina marxista. Chissà se basteranno le parole di Papa Francesco a correggere l'incredibile (e inaccettabile posizione del suo stretto collaboratore….