“Sono uomini e donne come noi, fratelli nostri che cercano una vita migliore, affamati, perseguitati, feriti, sfruttati, vittime di guerre; cercano una vita migliore. Cercavano la felicità”. E’ l’amara costatazione di Papa Francesco al Regina Caeli di ieri dinanzi all’ennesima tragedia al largo del coste italiane. In molteplici occasioni il Pontefice “preso dalla fine del mondo”, il figlio di migranti che non può far finta di non vedere i mali della società – come da lui stesso dichiarato – ha parlato di questo drammatico problema. E tante volte ha richiamato la comunità internazionale ad agire concretamente per risolverlo.
“Chiedo a tutti gli uomini e donne di Europa che aprano le porte del cuore”, ha affermato nel primo anniversario della tragedia che il 3 ottobre 2013 ha visto perdere la vita a 368 migranti che cercavano di raggiungere Lampedusa. Nel suo storico discorso al Parlamento europeo di Strasburgo, dinanzi ai rappresentanti di istituzioni fin troppo inerti, ha tuonato senza mezzi termini: “Non possiamo tollerare che il Mar Mediterraneo diventi un grande cimitero”. Non è certo un caso che il primo viaggio apostolico del vescovo di Roma sia stato nella “periferia” di Lampedusa, dove ha celebrato la Messa su un altare costruito con una lancia di legno dei pescatori e un ambone allestito con i timoni dei barconi naufragati.
Non poteva non testimoniare di persona la sua vicinanza alla popolazione e ai superstiti. La tragedia di quegli immigrati morti in mare in cerca di una “via di speranza diventata via di morte”, era diventata per lui “una spina nel cuore che porta sofferenza”. Nella festa della Santa Famiglia di Nazaret ha accomunato l’esperienza di milioni di individui che vivono la condizione di profughi a quella del Figlio di Dio. “Anche Gesù e la sua famiglia hanno sperimentato questa difficoltà”, ha spiegato. Purtroppo, ha osservato, non sempre “gli immigrati incontrano accoglienza vera, rispetto, apprezzamento dei valori di cui sono portatori”. Anzi, vengono considerati “di seconda classe”.
Nel corso di un’udienza ha sottolineato che i “migranti, con la loro stessa umanità, prima ancora che con i loro valori culturali, allargano il senso della fraternità umana” diventando “partner nella costruzione di un’identità più ricca per le comunita”̀ e stimolando “lo sviluppo di società inclusive, creative e rispettose della dignità di tutti”. Troppo spesso, invece, il povero diventa una “occasione di guadagno” o, peggio ancora, oggetto di traffico, sopraffazione e riduzione in schiavitù. Francesco ha invitato tutto il mondo a trovare il “coraggio di accogliere coloro che cercano una vita migliore” perché “tutti siamo migranti in questa terra”. Le stesse comunità cristiane sono chiamate a superare “diffidenze e ostilità”. Ma forse le loro storie di viaggi massacranti, ricatti, torture, soprusi e morte non fanno più piangere e vergognare un uomo diventato indifferente e chiuso nel suo “benessere che porta all’anestesia del cuore”.