Un anno fa gli scontri a Cuba. E la Conferenza dei Religiosi si espresse sulla situazione cubana. “Quelli che sono scesi in piazza non sono criminali. Sono persone comuni delle nostre città che hanno trovato il modo di esprimere il loro malcontento“, commentò il ConCuR. Quindi propose “cinque punti essenziali per superare l’attuale difficile condizione. E costruire la fraternità tra tutti”
Detenuti a Cuba
Un anno dopo gli eventi dell’11 luglio 2021, la Conferenza cubana delle Religiose e dei Religiosi (ConCuR) richiama “quanto vissuto e quanto stiamo vivendo”. In primo luogo circa 700 persone sono ancora in carcere. “Ciò continua a causare dolore e angoscia a molti, in particolare ai parenti dei detenuti” sottolinea la nota inviata all’agenzia missionaria vaticana Fides. Per alcuni detenuti “il processo non si è ancora svolto, violando i termini ordinari e straordinari stabiliti dalla legge”. Inoltre “nelle udienze di appello svolte, le prove presentate dalla difesa continuano a non essere ammesse. E a non essere adeguatamente valutate. Con pregiudizio per l’imputato”. Quindi ribadiscono che “l’attuale situazione generale è simile a quella che abbiamo vissuto un anno fa. O anche peggio. Con dolore, ci rammarichiamo che le sanzioni e l’intero processo dei detenuti da un anno, siano usati come risorsa intimidatoria”.
Appello
La Chiesa locale, attraverso la Conferenza episcopale cubana, citando Papa Francesco, ricorda che “le crisi non si superano con il confronto. Ma quando si cerca la comprensione”. Quindi ammonisce: “La violenza genera violenza. L’aggressività di oggi apre ferite e alimenta risentimenti futuri che poi ci vorrà molto a superare”. Perciò invitava tutti “a non favorire la situazione di crisi. Ma con serenità di spirito e buona volontà, ad esercitare l’ascolto, la comprensione e l’atteggiamento di tolleranza, che tiene conto e rispetta l’altro. Per cercare insieme soluzioni giuste e adeguate“.