Iraq senza pace per i cristiani. Monsignor Michel Sabbah è il Patriarca emerito di Gerusalemme dei Latini. “Le domande e incertezze sul futuro dei cristiani in Medio oriente non sono questione di numeri. Anche se i numeri sono importanti. Ma sono una questione di fede”, afferma l’arcivescovo palestinese. Sono passati esattamente otto anni dagli eventi della notte tra il 6 e il 7 agosto 2014. Quando molte decine di migliaia di cristiani furono costretti a lasciare le città e i villaggi della Piana di Ninive. Davanti all’offensiva dei miliziani jihadisti dell’autoproclamato Stato Islamico (Daesh). E dopo che le milizie Peshmerga stanziate nell’area si erano ritirate. Quella drammatica notte i jihadisti del Califfato occuparono i villaggi della Piana abitati da cristiani. Ordinando con gli altoparlanti alla popolazione di abbandonare le proprie case. La maggior parte fuggì. Portando con sé solo i vestiti che aveva addosso. Trovando un primo rifugio nei sobborghi di Erbil. E in altre città della Regione autonoma del Kurdistan iracheno.
Iraq senza pace
A distanza di otto anni, appaiono ancora controversi i dati e le notizie sul “ritorno” dei cristiani iracheni alle proprie case e ai villaggi del loro radicamento storico. E non permettono di essere decifrati con chiavi di lettura semplicistiche, riferisce l’agenzia missionaria vaticana Fides. Si registra, infatti, il silenzioso ma costante esodo di famiglie cristiane. Da città e villaggi della piana di Ninive. Hanno deciso di rifare i bagagli e emigrare all’estero almeno una trentina di famiglie siro-cattoliche che avevano fatto ritorno. Pesano l’instabilità e l’insicurezza. Il permanere di pressioni e tensioni settarie. La presenza di milizie illegali. Alla fine del 2020 erano già 55mila i cristiani iracheni rifugiati nel Kurdistan che negli anni precedenti erano espatriati. Trasferendosi in gran parte in nazioni del Nord America, dell’Australia e dell’Europa. Oltre che in altri Paesi del Medio Oriente.
Esodo senza tregua
Secondo le testimonianze raccolte, nell’area di Bassora vivrebbero adesso circa 300 famiglie cristiane. Mentre 50 anni fa, nella stessa area, i nuclei familiari cristiani erano 5mila. I dati forniti da indagini fatte sul campo mostrano quanto sia complicato tentare di contrastare l’esodo dei cristiani iracheni verso altri Paesi. Con strumenti, mobilitazioni e strategie di natura esclusivamente politica o economica. Comprese le tante operazioni di “fundraising”. Fatte a nome delle comunità cristiane mediorientali da gruppi e sigle occidentali.