Il mensile Jesus fa il punto sul complesso dialogo tra ebrei e cristiani. Con un’intervista a Riccardo Di Segni. Rabbino capo della comunità ebraica di Roma. E con un ampio dibattito a quattro voci. Intellettuali ed esperti. Come don Giuseppe Pulcinelli. Professore di Sacra Scrittura alla Pontificia Università Lateranense. Brunetto Salvarani. Docente di Teologia della missione e del dialogo alla Facoltà teologica dell’Emilia Romagna. Massimo Giuliani. Professore di Pensiero ebraico all’Università di Trento. Claire Maligot. Storica della École Pratique des Hautes Études di Parigi. Esperta dell’iter che ha portato il Concilio Vaticano II alla dichiarazione “Nostra aetate”. Sui rapporti con le altre religioni.
Cristiani-ebrei
Il rabbino capo della comunità ebraica di Roma si sofferma sulla predicazione cattolica. E chiede che non si trasmettano preconcetti che ricadano sulla percezione popolare dell’ebraismo. E aggiunge Di Segni: “Il problema è di far scendere la pioggia dall’alto verso il basso. Ci deve essere un’educazione all’uso corretto della parola”. Secondo il professor Brunetto Salvarani “c’è una questione di fondo nel dibattito“. E riguarda la scorretta interpretazione antigiudaica degli scritti di san Paolo.
Torah
Sostiene il docente: “È anacronistico riproiettare all’indietro una visione propria di epoche successive. Secondo cui accogliere Gesù come Messia comporterà uscire o stare dentro la comunità ebraica». E avanza una proposta: “Paolo non è un convertito“. Per questo «meriterebbe un ripensamento la festa liturgica del 25 gennaio. Nel calendario liturgico cattolico. Cioè la Conversione di san Paolo”. Anche il biblista Giuseppe Pulcinelli conferma: “Mai Paolo dice che la Torah è abrogata. Paolo non è un convertito. Ma un ‘arrivato’. Uno che ha sentito che nel Cristo, nel Messia dei Giudei, si compie il tempo. Si compiono le promesse antiche“.