Così si diventa “santi della porta accanto”

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Rallegratevi ed esultate”. E' questa epressione di Gesù tratta dal capitolo 5 del Vangelo di Matteo a dare il titolo alla nuova esortazione apostolica di Papa Francesco, la terza dopo Evangelii Gaudium e Amoris Laetitia. Un documento sulla chiamata alla santità, così come è stata “riscoperta” dal Concilio Vaticano II. Ma, avverte il Pontefice fin dall'introduzione, “non ci si deve aspettare qui un trattato sulla santità, con tante definizioni e distinzioni che potrebbero arricchire questo importante tema, o con analisi che si potrebbero fare circa i mezzi di santificazione. Il mio umile obiettivo è far risuonare ancora una volta la chiamata alla santità, cercando di incarnarla nel contesto attuale, con i suoi rischi, le sue sfide e le sue opportunità. Perché il Signore ha scelto ciascuno di noi 'per essere santi e immacolati di fronte a Lui nella carità'”. L'esortazione, dopo l'introduzione, si compone di 5 capitoli: La chiamata alla santità; Due sottili nemici della santità; Alla luce del Maestro; Alcune caratteristiche della santità nel mondo attuale; Combattimento, vigilanza e discernimento.

La santità è per tutti

Il Papa muove la sua riflessione dalla considerazione che la santità è per tutti: “Non pensiamo solo a quelli già beatificati o canonizzati. Dio ha voluto entrare in una dinamica popolare, nella dinamica di un popolo”. E ancora: “Mi piace vedere la santità nel popolo di Dio paziente; in questa costanza per andare avanti giorno dopo giorno. La santità della porta accanto; la classe media della santità”. Che non significa affatto mediocrità: il Papa lo mette bene in chiaro: “Sei una consacrata o un consacrato? Sii santo vivendo con gioia la tua donazione. Sei sposato? Sii santo amando e prendendoti cura di tuo marito o di tua moglie, come Cristo ha fatto con la Chiesa. Sei un lavoratore? Sii santo compiendo con onestà e competenza il tuo lavoro al servizio dei fratelli. Sei genitore o nonna o nonno? Sii santo insegnando con pazienza ai bambini a seguire Gesù. Hai autorità? Sii santo lottando a favore del bene comune e rinunciando ai tuoi interessi personali”. E la strada per giungere a questa meta è la Chiesa “santa e composta da peccatori” dove “troverai tutto ciò di cui hai bisogno per crescere verso la santità”. Citando Benedetto XVI (“La santità non è altro che la carità pienamente vissuta”), Francesco invita a “non avere paura della santità. Non ti toglierà forze, vita e gioia. Tutto il contrario, perché arriverai ad essere quello che il Padre ha pensato quando ti ha creato”.

Gnosticismo e pelagianesimo

Nel secondo capitolo il S. Padre torna ancora una volta a mettere in guardia dalle versioni moderne di due antiche eresie, gnosticismo e pelagianesimo. Il primo rischio, avverte, può anidarsi “dentro la Chiesa: pretendere di ridurre l’insegnamento di Gesù a una logica fredda e dura che cerca di dominare tutto”. Il secondo, come noto, è quello di quanti fanno “affidamento unicamente sulle proprie forze e si sentono superiori agli altri perché osservano determinate norme o perché sono irremovibilmente fedeli ad un certo stile cattolico”, come aveva già affermato il Papa nella Evangelii Gaudium.

Beatitudini in chiave moderna

Il capitolo successivo cerca di rispondere alla domanda “Come si fa per arrivare ad essere un buon cristiano?”. Secondo Francesco “è necessario fare, ognuno a suo modo, quello che dice Gesù nel discorso delle Beatitudini“. E qui il Papa elenca per ciascuna di esse un modo “moderno” di viverle: “Essere poveri nel cuore” per avere libertà interiore. “Reagire con umile mitezza” senza stupirsi dei difetti degli altri. “Saper piangere con gli altri” anziché fuggire da situazioni di sofferenza. “Cercare la giustizia con fame e sete” per gli indifesi. “Guardare e agire con misericordia” di fronte a “situazioni difficili che rendono incerto il giudizio morale”. “Mantenere il cuore pulito da tutto ciò che sporca l’amore”. “Seminare pace intorno a noi” anche con “quelli che sono un po’ strani, le persone difficili e complicate”. “Accettare ogni giorno la via del Vangelo nonostante ci procuri problemi” sia come fanno “tanti martiri contemporanei”, in modo cruento, “sia in un modo più sottile, attraverso calunnie e falsità”. “Questo è santità” afferma il Papa per ciascuno di tali comportamenti.

Vita, povertà e migranti: nessuna contrapposizione

La “regola” da seguire è quella delle opere di misericordia. In uno dei passaggi centrali dell'esortazione, Papa Francesco torna a chiarire e difendere la sua linea di condotta di fronte a una delle accuse più ricorrenti che gli vengono mosse: il presunto accantonamento dei cosiddetti “valori non negoziabili” a favore dell'insistenza su temi quali povertà e migrazioni. “La difesa dell’innocente che non è nato, per esempio, deve essere chiara, ferma e appassionata – ribadisce – perché lì è in gioco la dignità della vita umana, sempre sacra, e lo esige l’amore per ogni persona al di là del suo sviluppo. Ma ugualmente sacra è la vita dei poveri che sono già nati, che si dibattono nella miseria, nell’abbandono, nell’esclusione, nella tratta di persone, nell’eutanasia nascosta dei malati e degli anziani privati di cura, nelle nuove forme di schiavitù, e in ogni forma di scarto. Non possiamo proporci un ideale di santità che ignori l’ingiustizia di questo mondo“. E prosegue: “Spesso si sente dire che, di fronte al relativismo e ai limiti del mondo attuale, sarebbe un tema marginale, per esempio, la situazione dei migranti. Alcuni cattolici affermano che è un tema secondario rispetto ai temi “seri” della bioetica. Che dica cose simili un politico preoccupato per i suoi successi si può comprendere, ma non un cristiano, a cui si addice solo l’atteggiamento di mettersi nei panni di quel fratello che rischia la vita per dare un futuro ai suoi figli. Possiamo riconoscere che è precisamente quello che ci chiede Gesù quando ci dice che accogliamo Lui stesso in ogni forestiero?”. “Non si tratta dell’invenzione di un Papa o di un delirio passeggero” conclude Francesco che ricorda come ci sia una grande tentazione nel mondo di oggi: “Il consumismo edonista può giocarci un brutto tiro. Anche il consumo di informazione superficiale e le forme di comunicazione rapida e virtuale possono essere un fattore di stordimento che si porta via tutto il nostro tempo e ci allontana dalla carne sofferente dei fratelli”.

Cinque aspetti concreti

Nel quarto capitolo il Papa prende in esame “alcuni aspetti della chiamata alla santità che spero risuonino in maniera speciale”. Senza essere esaustive, “sono cinque grandi manifestazioni dell’amore per Dio e per il prossimo che considero di particolare importanza a motivo di alcuni rischi e limiti della cultura di oggi. In essa si manifestano: l’ansietà nervosa e violenta che ci disperde e debilita; la negatività e la tristezza; l’accidia comoda, consumista ed egoista; l’individualismo, e tante forme di falsa spiritualità senza incontro con Dio che dominano nel mercato religioso attuale”. Tali “caratteristiche” della santità sono: “rimanere centrati, saldi in Dio” con “sopportazione, pazienza e mitezza“. Il Papa mette in guardia anche dalla violenza verbale che spesso si scatena in rete, anche sui media cattolici, e con la pretesa di difendere gli altri comandamenti si va contro l'8° (“non dire falsa testimonianza”). Poi la “gioia e il senso dell'umorismo” perché “ci sono momenti duri, tempi di croce, ma niente può distruggere la gioia soprannaturale” accompagnata dal buon umore (il Papa raccomanda in tal senso di recitare la preghiera di S. Tommaso Moro). Tutto il contrario della “gioia consumista e individualista così presente in alcune esperienze culturali di oggi” che “può offrire piaceri occasionali e passeggeri, ma non gioia”. E ancora: spendere la vita al servizio di Dio e dei fratelli con “audacia e fervore” evitando “la tentazione di fuggire in un luogo sicuro che può avere molti nomi: individualismo, spiritualismo, chiusura in piccoli mondi, dipendenza, sistemazione, ripetizione di schemi prefissati, dogmatismo, nostalgia, pessimismo, rifugio nelle norme”. In particolare, il Papa scuote le coscienze “addormentate”: “Sfidiamo l’abitudinarietà, apriamo bene gli occhi e gli orecchi, e soprattutto il cuore, per lasciarci smuovere da ciò che succede intorno a noi”. Poi la lotta per la santità “in comunità“, facendo attenzione ai piccoli particolari, ai dettagli d amore. Infine, la “preghiera costante” perché “malgrado sembri ovvio, ricordiamo che la santità è fatta di apertura abituale alla trascendenza, che si esprime nella preghiera e nell’adorazione” che “non è solo per pochi privilegiati, ma per tutti” e che “ci conduce all’Eucaristia, dove la stessa Parola raggiunge la sua massima efficacia, perché è presenza reale di Colui che è Parola vivente”.

Il diavolo non è un mito

L'ultimo capitolo è dedicato alla “lotta“: “La vita cristiana è un combattimento permanente. Si richiedono forza e coraggio per resistere alle tentazioni del diavolo e annunciare il Vangelo. Questa lotta è molto bella, perché ci permette di fare festa ogni volta che il Signore vince nella nostra vita”. Un capitolo in cui il Pontefice ribadisce l'esistenza del diavolo, contro cui è necessario combattere: “Non pensiamo dunque che sia un mito, una rappresentazione, un simbolo, una figura o un’idea. Tale inganno ci porta ad abbassare la guardia, a trascurarci e a rimanere più esposti. Ci avvelena con l’odio, con la tristezza, con l’invidia, con i vizi. E così, mentre riduciamo le difese, lui ne approfitta per distruggere la nostra vita, le nostre famiglie e le nostre comunità”. Dunque la santità richiede una lotta costante in cui le armi sono “la fede che si esprime nella preghiera, la meditazione della Parola di Dio, la celebrazione della Messa, l’adorazione eucaristica, la Riconciliazione sacramentale, le opere di carità, la vita comunitaria, l’impegno missionario”. Una lotta che richiede “discernimento“, spesso “nelle piccole cose”, per avere il sostegno e i suggerimenti dello Spirito Santo, attraverso “la preghiera, la riflessione, la lettura e il buon consiglio” ed evitare quella sorta di “zapping costante” a cui “tutti, ma specialmente i giovani, sono esposti”.

Andrea Acali: