Il
protocollo per i ”corridoi umanitari” è stato stipulato dal
governo con la Conferenza Episcopale. E la
Caritas Italiana ne è il soggetto attuatore. ”Il progetto – spiega Caritas – è interamente finanziato dalla Conferenza Episcopale Italiana. E viene
realizzato in coordinamento con le diocesi italiane. Dona una nuova possibilità di vita a persone che si trovano in contesti di guerra e di grave
violazione dei diritti umani. Diversamente non potrebbero mai raggiungere in sicurezza il territorio europeo”. A questa esperienza
si sono aggiunti più di recente i “corridoi universitari”. Che danno a giovani rifugiati il supporto necessario a completare gli studi. E a favorire l’integrazione nella
vita universitaria. E i “corridoi lavorativi”. Nati con l’obiettivo di trasferire in Italia un certo
numero di beneficiari individuati in Paesi terzi. Sulla base dei criteri previsti dai protocolli nazionali siglati con il governo italiano. Puntando sulla valorizzazione delle
competenze professionali. Con l’obiettivo di permettere loro di essere inseriti in modo efficace nel mondo del lavoro in aziende attive in Italia. I corridoi sono un
esempio efficace e lungimirante di intervento della comunità ecclesiale. A favore di popolazioni e di persone in situazioni di difficoltà. Si fondano sullo studio dei bisogni reali. E
garantiscono forme di integrazione. Nell’ottica del bene comune (di chi accoglie e di chi è accolto).
Corridoi efficaci
Dall’inizio del programma ad oggi sono state accolte dalla Chiesa in Italia, in 50 diocesi in tutta Italia. Quasi 1.600 persone (di cui 400 minori). Provenienti prevalentemente da Eritrea, Somalia. Repubblica Centrafricana, Sud Sudan, Sudan. Siria, Iraq, Afghanistan, Yemen. Un ulteriore protocollo, appena firmato con i ministeri competenti, è incentrato sull’Africa e sulla Giordania. E dovrebbe essere avviato nel 2024. “In queste esperienze di accoglienza e di alternativa legale e sicura ai viaggi della morte – ricorda il direttore di Caritas Italiana, don Marco Pagniello – al centro dell’attenzione ci sono due elementi. Cioè la persona che arriva e la comunità, in senso ampio, che la accoglie. L’esperienza della Caritas ha dimostrato in questi anni come si crei un circolo virtuoso. Nel quale tutte le parti coinvolte sperimentano il beneficio del loro impegno. Nella prospettiva più volte richiamata da papa Francesco. Accogliere, proteggere, promuovere e integrare”. Per questo “occorre lavorare a uno sviluppo e a un potenziamento di questo strumento. In cui la Chiesa italiana ha dimostrato di credere. E per il quale si è impegnata concretamente. I risultati sperati richiedono il contributo della comunità politica e della società civile. Sulla base delle rispettive responsabilità“.