CONTRO GLI ATTI DI TERRORISMO IN ISRAELE ARRIVA LA CONDANNA DEI RABBINI ITALIANI

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“Le parole più efficaci in linea con quella che è la nostra identità e i valori che vogliamo testimoniare le ha pronunciate il presidente Rivlin: non è la nostra via, non è la via del popolo d’Israele”. Queste le affermazioni di Giuseppe Momigliano, presidente dell’Assemblea dei Rabbini d’Italia, per condannare fermamente, a nome di tutto il rabbinato italiano, i fatti di sangue delle ultime ore: un rogo nel villaggio palestinese di Kfar Douma, dove ha perso la vita il piccolo Ali Saad Dawabsheh, e ‘attacco omofobo contro i manifestanti del Gay Pride di Gerusalemme. Il fanatismo religioso è la radice comune dei due orrendi episodi.

Momigliano continua: “Sono gesti contrari a qualsiasi valore ebraico. Per questo è importante che contro questa barbarie si levi una voce forte, un unico fronte che dal rabbinato arriva alla società civile. E che dalle parole si passi immediatamente ai fatti. Quello che sta succedendo in Israele in queste ore fa ben sperare”. Anche il rabbino capo di Roma non ha risparmiato toni forti di condanna: “Tutti questi comportamenti non hanno a niente a che fare con la legge ebraica, la halakhah. Non c’è altro da aggiungere”.

Anche Benedetto Carucci Viterbi, preside delle scuole ebraiche di Roma, tratta questo argomento. Una riflessione che parte dal comandamento Non Uccidere. E il Rav Pierpaolo Pinhas Punturello, rappresentante per l’Italia dell’organizzazione Shavei Israel, incalza: “Il gesto di un haredì che ha accoltellato alcuni manifestanti al Gay Pride di Gerusalemme e il brutale incendio di una casa vicino Ramallah con la conseguente morte di un bambino di 18 mesi schiacciano senza possibilità di respiro gli orizzonti della mia identità ebraica”. Rav Adolfo Locci, rabbino capo di Padova, citando il passo dal Deuteronomio che recita “E amerai l’Eterno tuo Dio”, spiega: “I maestri del Midrash insegnano che questo verso si riferisce all’amore verso Dio che si deve far nascere nelle altre persone, come fece Abramo nostro padre. Non è però sufficiente, per adempiere a questa mitzvà, il nostro personale amore, bisogna considerare soprattutto quello che riusciamo a far scaturire negli altri attraverso il nostro insegnamento e il nostro esempio. Guai a coloro che sono vergogna per la Torah e il popolo di Israele”.

Francesco Volpi: