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La Chiesa ai giovani del Myanmar: “Non abbiate paura”

La giunta militare birmana, al potere con il golpe del febbraio 2021, ha deciso di imporre il servizio militare di 2 anni come "leva obbligatoria", generando paure e timori specie tra i giovani

La giunta militare birmana, al potere con il golpe del febbraio 2021, ha impostola leva obbligatoria per due anni generando estrema preoccupazione nei giovani. Dopo il golpe, l’esercito regolare sta affrontando una diffusa resistenza armata e ha subito molte perdite. La chiesa cattolica locale corre in loro aiuto portando il messaggio evangelico. Dalla parrocchia di Sant’Agostino a Yangon, Marcian Thet Kyaw invita i giovani a non perdere lucidità e speranza.

La Chiesa ai giovani del Myanmar: “Non abbiate paura”

«Non abbiate paura. È la frase che ripete Gesù». Così si rivolge ai giovani di Yangon il sacerdote Marcian Thet Kyaw, responsabile della pastorale giovanile nell’arcidiocesi birmana, in un momento in cui tra i giovani maggiorenni, uomini e donne, circolano timore, senso di incertezza, a tratti sgomento. La giunta militare, al potere con il golpe del febbraio 2021, ha deciso di imporre il servizio militare come “leva obbligatoria” e questa notizia ha generato estrema preoccupazione nella società, soprattutto tra i giovani e le giovani, «mettendo in ansia le famiglie, anche quelle cattoliche, che hanno figli e figlie in età da possibile leva militare», spiega il sacerdote a «L’Osservatore Romano».

Nei giorni scorsi il governo militare ha reso noto che applicherà una legge che consente di chiamare alla leva per due anni gli uomini di età compresa tra i 18 e i 35 anni e le donne di età compresa tra i 18 e i 27 anni. Secondo dati del 2022, nella popolazione birmana, complessivamente di circa 54 milioni di abitanti, le donne di età compresa tra 20 e 29 anni sono 2,2 milioni, mentre gli uomini di età compresa tra 20 e 34 anni sono 4,5 milioni.

Nel conflitto civile in corso nel Paese, l’esercito regolare affronta una diffusa resistenza armata e, nei mesi scorsi, ha subito perdite e sconfitte, ritirandosi da ampi territori soprattutto nelle province di confine (dove agiscono gli eserciti delle minoranze etniche), pur mantenendo il controllo delle grandi città. Ora il reclutamento forzato, considerando l’aggravarsi della crisi socio-economica che attanaglia le famiglie, potrebbe tradursi in una forte ondata migratoria. Migliaia di giovani birmani, infatti, stanno cercando di lasciare il paese per sottrarsi alla chiamata di leva, soprattutto chiedendo il visto per la Thailandia, o dirigendosi verso India e Cina.

La testimonianza di padre Marcian Thet Kyaw

Dalla sua parrocchia di Sant’Agostino a Yangon, Marcian Thet Kyaw invita i giovani a non perdere lucidità e speranza. «Abbiamo incontrato nei giorni scorsi oltre 200 giovani della diocesi, registrando le loro paure e le loro ansie — racconta — alcune delle famiglie cattoliche intendono inviare i propri figli all’estero, magari per un percorso di studi in Thailandia. Sono i giovani che prendono parte alle Giornate Mondiali della Gioventù, quelle internazionali e quelle celebrate localmente. Li incoraggiamo ad avere fede, a tenere desta la speranza e a non abbandonare il nostro Paese, mentre la popolazione soffre».

«Viviamo in questo tempo di Quaresima un tempo di prova, un tempo di attesa, e confidiamo nel Signore, usando le armi che ogni cristiano ha a disposizione: la preghiera, il digiuno, la carità», sottolinea. Secondo il prete, è plausibile pensare che molti giovani, se saranno chiamati alla leva obbligatoria, non si arruoleranno nell’esercito regolare: «Non vogliono fare la guerra, non vogliono combattere contro il loro stesso popolo, desiderano solo pace, fraternità, democrazia».

Per questo la soluzione dell’emigrazione può sembrare una scappatoia utile a preservare la vita dei giovani, in attesa di tempi migliori. Nel complesso, l’instabilità sia dal punto di vista della sicurezza, sia da quello economico rende la vita difficile alla popolazione birmana, creando sfollati interni (che sono già 2,5 milioni) o spingendo la gente oltre confine.

«Vediamo che i giovani comunque continuano a frequentare la messa domenicale e le celebrazioni liturgiche, a vivere questo tempo in adorazione e nella vicinanza a Dio. La vita quotidiana è sempre piena di pericoli, anche qui a Yangon, e non si esce di sera», dice il parroco di Sant’Agostino. L’appello è solo quello di Gesù: «Non abbiate paura».

Da: L’Osservatore Romano

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