La Chiesa è in prima linea nella pacificazione dell’Etiopia. “Sono profondamente addolorato per quanto sta avvenendo nella regione del Tigray. E nelle regioni accanto (Amhara e Afar). In tutto il Paese si stanno registrando disordini da un anno. E ora gli scontri sono degenerati in modo drammatico”, afferma il vescovo Seyoum Fransua Noel. Vicario apostolico di Hosanna. E direttore nazionale delle Pontificie opere missionarie in Etiopia. Il suo grido d’allarme è rilanciato dall’agenzia missionaria vaticana Fides.
Disordini in Etiopia
“Quando c’è un conflitto, le vittime sono i poveri- afferma il presule-. E’ necessario che ci sia un dialogo tra le parti. Per ristabilire un equilibrio sociale. La guerra è inutile. La gente sta soffrendo molto. Occorre cercare la pace e la sicurezza“. Il vescovo lancia un appello alla preghiera: “Occorre pregare. Avere un dialogo con Dio. La vera pace viene solo da Dio. Chiedo a tutti di pregare per questa situazione”. La situazione in Etiopia è drammatica. A un anno dallo scoppio della guerra in Tigray, il caos regna sovrano. E la leadership del primo ministro Abyi sembra appesa a un filo.
Sos Tigray
Gradualmente l’area settentrionale dell’Etiopia è sprofondata in una grave crisi umanitaria. Migliaia di morti tra i militari. E soprattutto tra la popolazione inerme. Stragi. Carneficine. Stupri di massa. Saccheggi. Mutilazioni su innocenti. 5,2 milioni di abitanti (su circa 6,5) sono in stato di drammatica necessità alimentare. Mentre gli sfollati interni ammontano a 2,1 milioni. A cui debbono aggiungersi gli oltre 60 mila fuggiti in Sudan. Il conflitto, nel frattempo, si è esteso alle regioni dell’Afar e dell’Amhara. Per l’economia del Paese, la guerra ha significato un tracollo. Le spese militari sono salite a oltre 500 milioni di dollari in un anno. E si è registrata la fuga degli investitori.