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Cei, il cardinal Bagnasco termina il mandato di presidente: “Al mio successore dico di essere se stesso”

“Ognuno ha cercato di seguire il lavoro di noi vescovi meglio che ha potuto. E’ scontato dire che il vostro è un lavoro delicato. Ma ve lo confermo. Purtroppo la rappresentazione della realtà a volte è un po’ faticosa”. Così il cardinale Angelo Bagnasco ai giornalisti presenti alla sua conferenza del 17 maggio, convocata in concomitanza con la scadenza del suo mandato quale presidente della Conferenza episcopale italiana (Cei), dopo due lustri e tre mesi di proroga, accordati per garantire l’arrivo all’Assemblea generale nella quale si decreterà il suo successore, prevista per lunedì 22. L’ultimo atto di Bagnasco come presidente, sarà l’accoglienza del Santo Padre nell’Aula nuova del Sinodo in Vaticano, il quale aprirà poi i lavori per eleggere il nuovo presidente da un terna di tre vescovi diocesani scelti dalla’assemblea stessa. Una novità assoluta che, almeno per il momento, non consente di sapere se il Pontefice possa eleggere il successore di Bagnasco già dopo la nomina della terna, come spiega lo stesso presidente uscente: “E’ la prima volta, non saprei dirvi se una volta eletta la terna il Papa comunicherà subito la nomina del nuovo presidente della Cei. Staremo a vedere”. Al suo successore, a ogni modo, il cardinale ha riservato un unico suggerimento: “Essere se stesso”.

Bagnasco: “Non sono bravo a fare bilanci”

Ma le domande dei cronisti, arrivate “in un incontro fortemente desiderato” dal presidente uscente della Cei, si sono concentrate soprattutto sui dieci anni trascorsi da Bagnasco a capo della Conferenza episcopale, dei quali il cardinale dice di non saper dare un bilancio preciso: “Io non sono bravo a fare i bilanci, quelli economici certamente ma neppure quelli pastorali, per un motivo di carattere temperamentale. Infatti la base della mia umanità è timida… Qualcosa pensandoci riesco a mettere insieme”. Parlando del suo mandato, il cardinale ha dichiarato che ha conosciuto momenti difficili: “Sono stati quelli nei quali la nostra attenzione di vescovi era verso alcune situazione nelle quali la tensione si tagliava con il coltello. Sono segnato da questi passaggi. Problemi che non elenco, ma dei quali posso dire che erano di carattere sociale”. E, allo stesso modo, ve ne sono stati altri migliori: “Tra i molti, ma non è un modo di dire, tutte le volte che qualche mio confratello mi ha dato una pacca sulla spalla… quando da loro ho ricevuto un gesto di affetto e di stima, che non riguarda la mia persona ma l’impegno della Conferenza Episcopale”.

“Sconcertati dalle dimissioni di Benedetto”

Nel suo cammino decennale alla guida della Cei, Bagnasco ha attraversato due differenti pontificati, a cominciare da quello di Benedetto XVI che, nel 2013, rinunciò al Soglio di Pietro. In quel momento, i cardinali dovettero affrontare la difficile transizione della Chiesa fino all’elezione di Francesco. E, a proposito del Concistoro dell’11 febbraio nel quale arrivarono le dimissioni di Papa Ratzinger, Bagnasco ha detto che “nessuno di noi sapeva niente. E noi cardinali ci siamo guardati in faccia: tutti abbiamo pensato di non aver capito il latino… Abbiamo vissuto un momento di sconcerto. Poi è arrivata l’elezione del Santo Padre Francesco che ha suscitato fiducia e speranza”. All’umanità del nuovo Papa, ha spiegato il cardinale, “ci siamo presto abituati…  Nell’ultima prolusione al Consiglio Episcopale Permanente ho fatto mie affermazioni, quelle di sempre, sulle tematiche umanistiche. E noi vescovi eravamo tutti d’accordo. E se leggiamo i documenti del Santo Padre troviamo che né più né meno dice le stesse cose. Nell’enciclica Laudato si’ parla di ecologia integrale che è la somma di due cose: la difesa dell’ambiente e quella della persona umana, cioè anche della vita. Ma sui media certe tematiche che il Papa tratta non emergono. E proprio nella Laudato si’ il Papa scrive che a questo proposito forse c’è stato un eccesso di modernità. Infatti anche un valore buono è pericoloso quando diventa eccessivo. Ma su questo la stampa ha taciuto, mentre c’erano grandi fanfare sulle altre affermazioni”.

“L’Italia è un Paese affamato”

E, ancora a proposito di Papa Francesco, Bagnasco ha affermato che egli “ha insistito con vigore sul fatto che la Chiesa deve essere vicina alla gente. Si potrebbe quasi riassumere così l’impronta e la spinta di questo pontificato che chiede a tutta la Chiesa una maggiore vicinanza alla gente e al mondo… E i vescovi, in quanto pastori, condividono come meglio possono questa prossimità. Il contatto col territorio la Chiesa italiana ce l’ha”. Infine, un accenno alla situazione vissuta dall’Italia, definita dal cardinale “un Paese affamato. L’anno scorso la Chiesa italiana nel suo complesso ha distribuito tra i 20 e i 25 milioni di pasti. E solo a Genova, la mia diocesi, l’anno scorso abbiamo distribuito quasi 600mila pasti su 580mila abitanti. Qualche anno fa una ricerca documentata ha calcolato che a fronte di un miliardo di euro che arriva in media ogni anno dall’8 per mille, come Chiesa restituiamo 11 miliardi e solo con le scuole cattoliche restituiamo 7 miliardi in quanto gli studenti che si iscrivono non gravano sui bilanci dell’istruzione statale… Ma ancora di più vanno considerate le prestazioni sociali offerte dalla Chiesa. E’ una questione di risorse umane. Nei nostri territori il parroco è un padre di famiglia”.

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