Costruire ponti invece di alzare muri: la lezione della Caritas. A Roma, nel caso Esquilino, “la via maestra è il dialogo”. Con una nota il direttore della Caritas di Roma, Giustino Trincia interviene sulla situazione-sicurezza nelle zone della Stazione Termini e del Quartiere Esquilino. “Abbiamo più volte, anche in questi giorni, sollecitato le istituzioni pubbliche. Offrendo la piena disponibilità al confronto. Ci sono esigenze legittime a cui dare risposta. Ma senza divisioni e contrapposizioni- afferma Trincia-. La via maestra è il dialogo. L’ascolto reciproco. la ricerca delle soluzioni possibili. In una logica di fraternità universale”.
Impegno Caritas
Nella zona della Stazione Termini e del Quartiere Esquilino convivono tre grandi questioni. Quella della giustizia sociale. Quella della sicurezza e quella economica. Secondo Caritas, “problemi complessi che vanno affrontati insieme. E senza contrapposizioni“. Quindi “occorre dialogare”. Istituzioni, categorie sociali ed economiche. Realtà del volontariato e dell’impegno religioso”. Per “venire a capo di questioni mai affrontate in passato, se non in modo emergenziale”. È indispensabile “mettere insieme umanità e sicurezza”. Con la consapevolezza che “il benessere dei cittadini non si garantisce solo con misure di ordine pubblico”. Infatti “meno aiutiamo e accogliamo le persone che sono ai margini, più le rendiamo invisibili. Condannandole a comportamenti illegali. E a vivere cioè di espedienti”.
Accoglienza
La presenza della Caritas di Roma alla Stazione Termini, come di altre realtà del volontariato e dell’associazionismo, è “un luogo che garantisce l’accoglienza e si pone come presidio di legalità nel territorio”. Così come lo è l’impegno delle comunità parrocchiali della diocesi di Roma. Che “insieme ai servizi di ascolto, mensa, docce e vestiario, dal 2015 hanno avviato forme di accoglienza diffusa”. Con l’ospitalità di persone senza casa o in fuga dai propri paesi di origine. Sono più di settanta le parrocchie romane che ospitano una o più persone senza dimora. Oltre molte altri istituti religiosi che hanno accolto i profughi afgani e ucraini.