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Canonizzazioni: tra i venerabili padre Schwartz, un sacerdote morto di Sla

La Sclerosi laterale amniotrofica o Sla – la terribile malattia neurodegenerativa ancora incurabile – è il simbolo per eccellenza della fatica della vita nella sofferenza fisica. Anche per questo – in occasione della Giornata mondiale del malato che la Chiesa celebra oggi, 11 febbraio, ricorrenza della Madonna di Lourdes – papa Francesco, tra i decreti sulle virtù eroiche firmati recentemente, ne abbia approvato uno che riguarda un malato di Sla.

Lo scorso 23 gennaio la Chiesa ha riconosciuto il titolo di “venerabile” – passo intermedio verso la beatificazione – padre Aloysius Schwartz, un sacerdote americano che negli ultimi anni tre anni della sua vita sperimentò personalmente tutto il calvario che la Sla comporta, descrivendolo in un libro intitolato significativamente “Killing Me Softly”, Uccidendomi lentamente.

Schwartz, noto ai fedeli come “Padre Al”, era nato a Washington nel 1930 ed era stato ordinato sacerdote nel 1957. Sei mesi dopo la sua ordinazione sacerdotale si era trasferito in Corea come missionario dedicando la sua vita ad aiutare i bambini poveri, in particolare gli orfani di guerra, aprendo per loro case, scuole e un ospedale, riservato a chi non aveva altri luoghi per curarsi. Nel 1964 fondò le Sorelle di Maria a Busan in Corea, e nel 1981 fondò i Fratelli di Cristo nella capitale sudcoreana di Seoul.

A Manila, dove si era recato agli inizi degli anni ’80, scoprì di essere stato colpito dalla Sla. Era il 1989 e, da quel giorno iniziò per lui una nuova vita, questa volta dalla parte di chi doveva essere assistito. Molto in fretta cominciarono a manifestarsi i sintomi più gravi fino a costringerlo sulla sedia a rotelle. “Ora ho pochissimo controllo dell’ambiente che mi circonda – scriveva -. Ho perso completamente la mia indipendenza e quanto pensiamo sia la nostra dignità. Tuttavia non lo trovo devastante. Penso a Gesù, il Signore e Maestro, che aveva ogni potere in cielo e in terra e si è degnato di farsi bambino. Si è affidato totalmente alla Vergine di Nazareth”.

Nonostante la sofferenza, non perse mai la speranza e la voglia di andare avanti. “Alcuni malati di Sla collegati a macchinari salvavita sono considerati degli eroi – aveva scritto nel suo libro -. Vengono additati come modello di coraggio, determinazione e di voglia di vivere. Questo è un punto di vista. Ma un’argomentazione altrettanto forte vale per l’opposto. Si può sostenere che sia coraggioso, eroico e nobile anche accettare la morte con calma, dignità e serenità”. Salì alla Casa del Padre, attorniato dall’affetto dei suoi confratelli e consorelle, il 16 marzo del 1992.

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