Camerun, la resistenza della Chiesa alle persecuzioni e la vocazione solidale

Logo Interris - Cinquant'anni fra i Bangwa: a Fontem, in Camerun, una solenne celebrazione per i Focolari

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Solidarietà e resilienza caratterizzano la comunità cattolica in Camerun. Monsignor Andrew Nkea Fuanya è l’arcivescovo di Bamenda. E presiede la Conferenza episcopale del Camerun. “Ogni diocesi deve rispondere alla richiesta del Papa di ascoltarci gli uni con gli altri. Di camminare insieme. Di condividere insieme le nostre idee. Ricordandoci che come cristiani non dobbiamo dimenticare nessuno indietro“, afferma il presule all’agenzia missionaria vaticana Fides. E aggiunge: “Abbiamo avuto un incontro con gli altri capi religiosi. Sia delle altre confessioni cristiane. Sia dei musulmani. Per valutare insieme la situazione sociopolitica del Camerun”.

Dialogo in Camerun

Prosegue il presidente della Conferenza episcopale del Camerun: “Mi sento spesso con il Moderatore della Chiesa protestante. E pure con l’Imam di Bamenda. Con quest’ultimo quando facciamo incontri e viaggiamo insieme sulla stessa automobile. Non abbiamo nessun problema tra di noi. Ci sono cinque musulmani che lavorano nella Caritas diocesana e abbiamo un rapporto fraterno con tutti”. Bamenda fa parte della cosiddetta regione anglofona dove è in atto un conflitto separatista. “Il conflitto che dura da sette anni non riguarda tanto la lingua (una minoranza anglofone contro una maggioranza francofona) ma è un conflitto della cultura- riferisce monsignor Andrew Nkea Fuanya-. Come Vescovi ribadiamo da sempre che dobbiamo mantenere e rispettare la cultura di ciascuno. La domanda è partita da avvocati e insegnanti, ed era condivisa dalla popolazione in generale. Ma i politici se ne sono impossessati scatenando il conflitto. La popolazione non fa la guerra“.

Sos violenza

“Ci sono i gruppi separatisti che hanno deciso di fare la guerra. Ma la popolazione è contraria perché sta soffrendo molto per le violenze commesse anche dai separatisti- osserva il presule-. Negli ultimi anni comunque la situazione è migliorata. I bambini che prima non potevano frequentare la scuola. Oa lo possono fare. Diversi sfollati interni sono tornati alle loro case e villaggi. Però il problema rimane. Noi chiediamo a tutte le parti di fare cessare la voce delle armi. E di avviare un dialogo senza preconcetti. Con cuore aperto. Per risolvere il problema. Certamente dobbiamo continuare a pregare per la pace. Ringraziamo il Santo Padre che periodicamente durante l’Angelus chiede di pregare per il Camerun. La Chiesa non ha preso posizione. Né con i separatisti. Né con il governo. Proprio per avere la possibilità di offrire i propri servizi di mediazione. Nonostante le violenze nell’arcidiocesi di Bamenda non ho chiuso nessuna parrocchia. Né sono scappato. Dialogo con il governo e con i separatisi. Alla costante ricerca della via per la pace“.

Giacomo Galeazzi: