La testimonianza riportata da L’Osservatore Romano di padre Albano Allocco in merito all’opera in Romania dei padri somaschi. I religiosi danno assistenza ad oltre 300 persone povere che vivono nella vicina baraccopoli di Baia Mare, popolosa città di oltre 110.000 abitanti situata nel Nord del Paese a qualche decina di chilometri dalla frontiera con l’Ucraina.
Romania: il calore della solidarietà
Si chiama La Centrale. Il nome testimonia il primo utilizzo di questo ex stabilimento in cui oggi i padri somaschi danno assistenza ad oltre 300 persone povere che vivono nella vicina baraccopoli di Baia Mare, popolosa città di oltre 110.000 abitanti situata nel Nord della Romania, a qualche decina di chilometri dalla frontiera con l’Ucraina. Il centro offre pasti, servizi di igiene personale e aule per fare i compiti a circa cento ragazzi in età scolare. C’è anche una piccola chiesa. Grazie al Vangelo portato fra le catapecchie di legno le persone ricevono i sacramenti, dischiudendo una dimensione di fede che le guida nel cammino della vita. Negli ultimi tempi La Centrale è divenuta anche un punto di riferimento per portare aiuti umanitari nelle zone di guerra.
«Questa vecchia centrale termica di epoca sovietica distribuiva il calore in città. Adesso l’abbiamo trasformata in un centro in cui portiamo avanti iniziative di vario genere: i laboratori di studio, una farmacia per i poveri, diamo aiuti alimentari, facciamo “recupero igienico” per fare in modo che i ragazzi non vadano a scuola sporchi. Siamo una sorta di ponte tra il nulla, le baracche e le istituzioni. Il nostro lavoro è un po’ questo», racconta a «L’Osservatore Romano» padre Albano Allocco, dell’ordine religioso dei padri somaschi. Arrivato in Romania nel 2007, ha iniziato seguendo un gruppo di volontari che dava una mano ai ragazzi di strada, creando poi una fondazione per seguire questi giovani e fare comunità.
Le attività a La Centrale sono svolte in collaborazione con il Servizio missionario giovani (Sermig) di Torino, in particolare il Gruppo Re.Te., e grazie ad iniziative di autofinanziamento. «Abbiamo ragionato in questo modo: i nostri padri fondatori quando facevano la carità ai poveri nel ‘500 non avevano sovvenzioni dallo Stato o cose di questo genere. Quindi come facevano a mantenersi? Noi — spiega il religioso — abbiamo inventato un sistema grazie a cui praticamente tutte le nostre opere caritative ce le paghiamo con il nostro lavoro di riciclaggio: trasformiamo i prodotti usati in nuovi prodotti. Per esempio, importiamo dall’Italia tonnellate di vestiti, scarpe e cellulari che poi rivendiamo a prezzi popolari in quattro negozi che gestiamo qui in Romania. Grazie a ciò una mamma con due o tre euro può comprare un vestito al figlio per andare a scuola. Insomma, trasformiamo i vestiti in denaro, quindi in pane o in progetti».
Il progetto dei somaschi a Baia Mare è fondamentale in quanto «le persone che fanno parte della classe media sono davvero poche, molti sono emigrati in Italia o comunque all’estero». Il resto della società è formata da pochi ricchi oligarchi e da tanti poveri. Fra questi ultimi figurano anche i pensionati che vivono con poche decine di euro al mese. «Infine ci sono i miserabili — aggiunge padre Albano — quelli esclusi dal boom del consumismo, quelli che hanno perduto il treno del benessere, costretti a vendere anche la casa, dopo aver perso il lavoro o per essersi oltremodo indebitati per comprare un’auto, un televisore o un frigorifero».
La “sete di Vangelo” nella baraccopoli di Baia Mare
È da qui, secondo padre Albano, che deve scaturire una riflessione profonda: «Oggi la gente è assetata di Vangelo e di autenticità, non vuole più solo le cose. Noi qui abbiamo un’esperienza pluriennale con tanti gruppi giovanili che arrivano dall’Italia per fare i campi di lavoro. E quando entrano in questo sistema molti di loro tornano di nuovo ad essere credenti, ripartono con un grande entusiasmo, perché hanno lavorato coi poveri, che resta l’esperienza più autentica di fede: alla fine capisci che questo è il segreto».
C’è questa “sete di Vangelo” nella baraccopoli di Baia Mare. «Abbiamo lavorato molto su questo. Tanta gente che frequenta le nostre chiese non è cattolica. Vengono perché è forte il legame che hanno con noi. Adesso io la domenica a mezzogiorno sto celebrando la messa in una cappella, che prima era semi abbandonata e nessuno la utilizzava, situata tra le catapecchie. Ci porto i miei ragazzi e una trentina di loro adesso vuole prendere il battesimo. Questo significa parlare seriamente di Vangelo, e di altre cose, andando oltre gli aiuti con il cibo». Gli abitanti della baraccopoli, oltre ad essere aiutati, aiutano a loro volta, partecipando alle attività caritative de La Centrale. «Loro crescono con noi e alcuni diventano volontari», prosegue padre Albano. Tanti ragazzi poveri, inoltre, giudicati con disprezzo, a causa delle loro povere condizioni di vita, hanno guadagnato un riconoscimento sociale grazie ai padri somaschi.
Tra questi, un giovane che adesso è diventato un dirigente in una grande azienda di Timişșoara, dopo aver frequentato l’università. «Oggi è una delle intelligenze più apprezzate ed è stimato dai suoi capi. Comunque lui era uno che sapeva bene come muoversi. Abbiamo tanti casi come questo». Ma come si combatte davvero la povertà col Vangelo? «Servono sistemi sociali di intervento che alla lunga portano un cambiamento. Significa che se ogni anno gestisco mille poveri, fra dieci anni ne avrò soltanto cinquecento, perché gli altri cinquecento li avrò integrati a scuola, nel lavoro e in famiglia, per cui non avranno più bisogno di aiuto». L’obiettivo è dar loro la fede ed un’autonomia. «Questo è un investimento politico», conclude il religioso.