Dopo l’inizio del mandato delle nuove autorità, la Bolivia ha iniziato una nuova pagina della sua storia democratica. In un contesto molto fragile. Perché non c’è una maggioranza politica nei posti di governo. “La Chiesa è stata scelta come facilitatrice del dialogo per la pacificazione del paese. Per la sua enorme esperienza lungo la storia della nazione“, rileva l’analista politico Bryan Peñaranda. In una intervista a “Iglesia Viva”. Organo di informazione della Conferenza episcopale (Ceb). A proposito del documento “Memoria dei Fatti nel processo di pace”. Pubblicato dalla Ceb. E rilanciato in questi giorni dai mass media del paese.
Bolivia nel caos
L’episcopato ha espresso la sua profonda preoccupazione. Per la situazione del paese. Chiedendo la fine della violenza tra i boliviani. E incoraggiando il dialogo tra le parti per risolvere il conflitto. Con la dichiarazione “Comprensione e pace. Verità e giustizia”. Oggi, riferisce Fides, “i vescovi sono preoccupati per le varie informazioni che circolano nel Paese”. E sono convinti della “necessità di conoscere la verità“. E da lì “ricostruire l’unità nazionale”.
Punti di accordo
La Chiesa cattolica in Bolivia nel 2019 ha dimostrato di mantenere il suo impegno di pacificare il paese. Dopo la presentazione dei punti dell’accordo raggiunto tra rappresentanti. Della Conferenza episcopale boliviana. Dell’Onu. E dell’Unione Europea. Dal punto di vista geopolitico, i primi accordi per negoziare il futuro pacifico della Bolivia sono riusciti. Non solo perché in Bolivia esiste un vuoto istituzionale. Ma perché il popolo boliviano ha fiducia in coloro che si sono messi allo stesso livello di vita e sofferenza della gente comune. Come vescovi, sacerdoti e religiosi.