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Bogotà: conclusa l’occupazione della nunziatura da parte dei paramilitari

I leader indigeni e popolari hanno concluso l'occupazione della Nunziatura apostolica di Bogotá optando per il dialogo istituzionale. La violenza dei gruppi paramilitari in Colombia resta un problema nazionale

I leader indigeni e dei movimenti popolari hanno concluso l’occupazione della Nunziatura apostolica di Bogotá, Colombia. Dopo intensi dibattiti con la viceministra Lilia Solano, i manifestanti hanno deciso di ritirarsi e continuare il dialogo istituzionale. Nonostante il gesto pacifico, il problema della violenza dei gruppi paramilitari persiste, come denunciato dal gesuita Javier Giraldo. La Conferenza episcopale colombiana ha proposto quattro pilastri per la riconciliazione nazionale, ispirati alla consacrazione della Colombia al Sacro Cuore di Gesù.

Bogotà: conclusa l’occupazione della nunziatura da parte dei paramilitari

I leader indigeni e dei movimenti popolari hanno posto fine all’occupazione della Nunziatura apostolica di Bogotá, capitale della Colombia. “Ho aiutato nella mediazione non violenta sostenendo il dialogo con la leader sociale Erika Prieto – racconta al Sir Cristiano Morsolin, esperto di diritti umani e presente in questi giorni in nunziatura -. Dopo dibattiti al ministero dell’Interno con la viceministra Lilia Solano, fino quasi all’alba, i momenti popolari hanno deciso di ritirarsi dall’occupazione non violenta e anche dalle tende davanti al Ministero, e di continuare a sostenere le loro richieste nei tavoli di dialogo istituzionale. I contadini e leader indigeni hanno pulito completamente la strada difronte alla nunziatura e di buon mattino hanno ‘liberato’ la nunziatura rivolgendosi direttamente a mons. Héctor Fabio Henao, presente in rappresentanza della Conferenza episcopale colombiana. Prieto ha detto con chiarezza che per i manifestanti il dialogo costruttivo viene al primo posto”.

Resta il complesso problema della violenza in Colobia

Sullo sfondo, resta il complesso problema della violenza che continua a essere messa in atto da gruppi paramilitari, come denuncia al Sir il gesuita Javier Giraldo, figura storica dell’impegno per la pace nel Paese: “Chi di noi ha vissuto gli anni ‘70 e ‘80 ha assistito ogni giorno a un terrificante bagno di sangue. Oggi i paramilitari stessi dicono alla gente ‘non siamo più qui per uccidere’ ma arrivano a controllare tutto, è anche una morte a goccia a goccia, perché chi non obbedisce, o se ne va o muore. Quindi il dominio e il controllo del paramilitarismo oggi in molte regioni è totale. È un fatto che si è riciclato. Lo stesso Salvatore Mancuso (l’ex capo dei paramilitari da poco tornato in Colombia e messo in libertà) lo dice forte e chiaro nelle sue ultime dichiarazioni: ‘Questa è stata una politica di Stato’. Il paramilitarismo fa parte di uno Stato di fatto, come ha riconosciuto il presidente Petro, ma ha radici molto lontane nella storia del Paese. Per sradicarlo non basta combattere i gruppi armati in alcune regioni; il cambiamento nelle forze di sicurezza deve essere molto più radicale di quello che questo governo ha cercato di ottenere”.

La Conferenza episcopale colombiana orientata alla riconciliazione

Nel frattempo, la Conferenza episcopale colombiana, in una nota, delinea quattro pilastri per una nuova tappa della storia del Paese orientata alla riconciliazione. Il messaggio si ispira al rinnovo della consacrazione della Colombia al Sacro Cuore di Gesù che tutta la Chiesa celebrerà oggi. Nel comunicato, i pastori colombiani chiedono di costruire con urgenza un processo di unità nazionale, di rinnovare la politica e metterla al servizio del bene comune, di optare per un’economia che abbia al centro la persona e la famiglia, di prendersi cura dell’ambiente e di salvaguardare la vita, a partire da un approccio educativo integrale.

Fonte: AgenSIR

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