Papa Francesco ha consegnato stamani un discorso ai circa 800 partecipanti al Convegno promosso dall’Ufficio nazionale per la pastorale delle vocazioni della Conferenza episcopale italiana (Cei). Francesco ha ricevuto i partecipanti in udienza in Aula Paolo VI, al termine del loro incontro di tre giorni sul tema: “Alzati, va’ e non temere. Vocazioni e Santità: io sono una missione”, in programma a Roma dal 3 al 5 gennaio.
Di seguito riportiamo il discorso completo del Santo Padre Francesco:
“Cari fratelli e sorelle!
Al termine del vostro Convegno di pastorale vocazionale, organizzato dall’Ufficio della Conferenza Episcopale Italiana, sono lieto di potervi accogliere e incontrare. Ringrazio Mons. Galantino per le sue cortesi parole; e mi congratulo per l’impegno con cui portate avanti questo appuntamento annuale, nel quale si condivide la gioia della fraternità e la bellezza delle diverse vocazioni.
Davanti a noi si apre l’orizzonte e il cammino verso l’Assemblea sinodale del 2018, sul tema “Giovani, fede e discernimento vocazionale”. Il “sì” totale e generoso di una vita donata è simile ad una sorgente d’acqua, nascosta da tanto tempo nelle profondità della terra, che attende di sgorgare e scorrere all’esterno, in un rivolo di purezza e freschezza. I giovani oggi hanno bisogno di una sorgente d’acqua fresca per dissetarsi e poi proseguire il loro cammino di ricerca. ‘I giovani hanno il desiderio di una vita grande. L’incontro con Cristo, il lasciarsi afferrare e guidare dal suo amore allarga l’orizzonte dell’esistenza e dona una speranza solida che non delude’.
In questo orizzonte si colloca anche il vostro servizio, con il suo stile di annuncio e di accompagnamento vocazionale. Tale impegno richiede passione e senso di gratuità. La passione del coinvolgimento personale, nel saper prendervi cura delle vite che vi sono consegnate come scrigni che racchiudono un tesoro prezioso da custodire. E la gratuità di un servizio e ministero nella Chiesa che richiede grande rispetto per coloro di cui vi fate compagni di cammino.
È l’impegno di cercare la loro felicità, e questo va ben oltre le vostre preferenze e aspettative. Faccio mie le parole di Papa Benedetto XVI: ‘Siate seminatori di fiducia e di speranza. È infatti profondo il senso di smarrimento che spesso vive la gioventù di oggi. Non di rado le parole umane sono prive di futuro e di prospettiva, prive anche di senso e di sapienza. […] Eppure, questa può essere l’ora di Dio’.
Per essere credibili ed entrare in sintonia con i giovani, occorre privilegiare la via dell’ascolto, il saper “perdere tempo” nell’accogliere le loro domande e i loro desideri. La vostra testimonianza sarà tanto più persuasiva se, con gioia e verità, saprete raccontare la bellezza, lo stupore e la meraviglia dell’essere innamorati di Dio, uomini e donne che vivono con gratitudine la loro scelta di vita per aiutare altri a lasciare una impronta inedita e originale nella storia. Ciò richiede di non essere disorientati dalle sollecitazioni esteriori, ma di affidarci alla misericordia e alla tenerezza del Signore ravvivando la fedeltà delle nostre scelte e la freschezza del “primo amore”.
La priorità dell’annuncio vocazionale non è l’efficienza di quanto facciamo, ma piuttosto l’attenzione privilegiata alla vigilanza e al discernimento. È avere uno sguardo capace di scorgere la positività negli eventi umani e spirituali che incontriamo; un cuore stupito e grato di fronte ai doni che le persone portano in sé, mettendo in luce le potenzialità più dei limiti, il presente e il futuro in continuità col passato.
C’è bisogno oggi di una pastorale vocazionale dagli orizzonti ampi e dal respiro di comunione; capace di leggere con coraggio la realtà così com’è con le fatiche e le resistenze, riconoscendo i segni di generosità e di bellezza del cuore umano. C’è l’urgenza di riportare dentro alle comunità cristiane una nuova “cultura vocazionale”. ‘Fa parte ancora di questa cultura vocazionale la capacità di sognare e desiderare in grande, quello stupore che consente di apprezzare la bellezza e sceglierla per il suo valore intrinseco, perché rende bella e vera la vita’.
Cari fratelli e sorelle, non stancatevi di ripetere a voi stessi: “io sono una missione” e non semplicemente “io ho una missione”. ‘Bisogna riconoscere sé stessi come marcati a fuoco da tale missione di illuminare, benedire, vivificare, sollevare, guarire, liberare’. Essere missione permanente richiede coraggio, audacia, fantasia e voglia di andare oltre, di andare più in là.
Infatti, “Alzati, va’ e non temere” è stato il tema del vostro Convegno. Esso ci aiuta a fare memoria di molte storie di vocazione, in cui il Signore invita i chiamati ad uscire da sé per essere dono per gli altri; ad essi affida una missione e li rassicura: ‘Non temere, perché io sono con te’. Questa sua benedizione si fa incoraggiamento costante e appassionato per poter andare oltre le paure che rinchiudono in sé stessi e paralizzano ogni desiderio di bene. È bello sapere che il Signore si fa carico delle nostre fragilità, ci rimette in piedi per ritrovare, giorno dopo giorno, l’infinita pazienza di ricominciare.
Sentiamoci sospinti dallo Spirito Santo a individuare con coraggio strade nuove nell’annuncio del vangelo della vocazione; per essere uomini e donne che, come sentinelle, sanno cogliere le striature di luce di un’alba nuova, in una rinnovata esperienza di fede e di passione per la Chiesa e per il Regno di Dio. Ci spinga lo Spirito ad essere capaci di una pazienza amorevole, che non teme le inevitabili lentezze e resistenze del cuore umano.
Vi assicuro la mia preghiera; e voi, per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Grazie”.