“Uscire in diverse ore del giorno per andare a incontrare quanti sono in ricerca del Signore. Raggiungere i più deboli e i più disagiati per dare loro il sostegno di sentirsi utili nella vigna del Signore, fosse anche per un’ora soltanto”. Sono le parole pronunciate ieri dal Papa nell’incontro coi partecipanti all’incontro internazionale “Il progetto pastorale di Evangelii gaudium”, organizzato dal Pontificio consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, in corso in Vaticano dal 18 al 20 settembre. Il vescovo di Roma ha sottolineato l’importanza di raggiungere le persone, nelle tante periferie esistenziali dei nostri giorni, che sono “stanche e sfinite e attendono la Chiesa, attendono noi”. E allora è essenziale chiedersi “come condividere con loro l’esperienza della fede, l’amore di Dio, l’incontro con Gesù”.
“In mezzo a realtà negative – ha aggiunto – che come sempre fanno più rumore, noi vediamo anche tanti segni che infondono speranza e danno coraggio”. Chi è impegnato nei diversi ambiti della pastorale è chiamato a riconoscere e leggere i segni dei tempi “per dare una risposta saggia e generosa”. Il Papa ha messo in guardia i fedeli dalla “tentazione della sufficienza e del clericalismo, quel codificare la fede in regole e istruzioni, come facevano gli scribi, i farisei e i dottori della legge del tempo di Gesù”, che rischia di farci spaventare e ripiegare su noi stessi.
Come in altre occasioni ha richiamato l’immagine di una Chiesa che sembra un ospedale da campo, con tanta gente che chiede vicinanza e accoglienza. I responsabili della pastorale, ha osservato, possono trovare un bell’esempio dalla parabola del padrone della vigna che esce di casa in diverse ore del giorno per chiamare lavoratori: Gesù è uscito “all’alba, alle nove, a mezzogiorno, alle tre e alle cinque del pomeriggio” passando “quasi tutto il tempo per andare nelle strade e nelle piazze del paese a cercare operai”.
Il Pontefice ha evidenziato anche un altro aspetto: “A volte sembra che siamo più preoccupati di moltiplicare le attività piuttosto che essere attenti alle persone e al loro incontro con Dio. Una pastorale che non ha questa attenzione diventa poco alla volta sterile”. “Una pastorale senza preghiera e contemplazione – ha proseguito – non potrà mai raggiungere il cuore delle persone”. Il Papa ha esortato anche ad avere “pazienza e perseveranza”: “Non abbiamo la ‘bacchetta magica’ per tutto, ma possediamo la fiducia nel Signore che ci accompagna e non ci abbandona mai”.
“Facciamo il bene – ha continuato – ma senza aspettarci la ricompensa. Seminiamo e diamo testimonianza. La testimonianza è l’inizio di un’evangelizzazione che tocca il cuore e lo trasforma. Le parole senza testimonianza, non vanno, non servono. La testimonianza è quella che porta e dà validità alla parola”. Alla fine ha chiesto preghiere e ridendo ha detto: “Non dimenticate di pregare per me perché io devo parlare tanto… anche io dia un po’ di testimonianza cristiana”.