“La Chiesa non dimentica i cristiani perseguitati in Iraq e chiede alla comunità internazionale di non assistere inerte di fronte a tali crimini”: queste le parole del Papa scritte in una lettera inviata a mons. Maroun Lahham, vescovo ausiliare di Gerusalemme dei Latini e vicario patriarcale per la Giordania, in occasione del primo anniversario dell’arrivo in Giordania degli iracheni cacciati dal loro stato dai jihadisti dell’Isis. In Giordania, proprio per questo motivo, arriverà anche il segretario generale della CEI, mons. Nunzio Galantino, che visiterà alcuni centri di accoglienza per i profughi.
La lettera scritta dal pontefice vuole “raggiungere con una parola di speranza quanti, oppressi dalla violenza, sono stati costretti ad abbandonare le loro case e la loro terra”. Spesso Bergoglio ha messo in risalto la crudeltà di quelle che lui definisce “atroci, disumane e inspiegabili persecuzioni di chi in tante parti del mondo, soprattutto tra i cristiani, è vittima del fanatismo e dell’intolleranza, spesso sotto gli occhi e nel silenzio di tutti. Sono i martiri di oggi umiliati e discriminati per la loro fedeltà al Vangelo”.
Nelle sue parole anche un appello alla solidarietà che “vuol essere il segno di una Chiesa che non dimentica e non abbandona i suoi figli esiliati a motivo della loro fede” perché “sappiano che una preghiera quotidiana si innalza per loro, insieme alla riconoscenza per la testimonianza che ci offrono”. Inoltre, esprime profonda gratitudine alle comunità “che hanno saputo farsi carico di questi fratelli, evitando di volgere lo sguardo altrove” divenendo testimoni della “risurrezione di Cristo con la condivisione del dolore e l’aiuto solidale a centinaia di migliaia di profughi”. Chinarsi su sofferenze che rischiano di soffocare la speranza, è un “servizio di fraternità che rischiara anche momenti tanto bui dell’esistenza”.
Il pontefice termina la lettera con un forte appello affinché l’opinione pubblica mondiale possa essere “sempre più attenta, sensibile e partecipe davanti alle persecuzioni condotte nei confronti dei cristiani e, più in generale, delle minoranze religiose”. Rinnova, inoltre, l’auspicio che “la Comunità Internazionale non assista muta e inerte di fronte a tale inaccettabile crimine, che costituisce una preoccupante deriva dei diritti umani più essenziali e impedisce la ricchezza della convivenza tra i popoli, le culture e le fedi”.