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BERGOGLIO ALL’UDIENZA: “GESÙ EFFONDE LA SUA MISERICORDIA SU COLORO CHE INCONTRA”

“Gesù effonde la sua misericordia su tutti coloro che incontra: li chiama, li raduna, li guarisce e li illumina, creando un nuovo popolo che celebra le meraviglie del suo amore misericordioso”. La catechesi dell’udienza di oggi ruota attorno al miracolo del cieco di Gerico, narrato nel Vangelo di Luca. Papa Francesco si rivolge alle migliaia di pellegrini accorsi in piazza San Pietro, sotto un afoso sole estivo: “Oggi vogliamo cogliere il significato di questo segno perché tocca anche noi direttamente. L’evangelista Luca dice che quel cieco era seduto sul bordo della strada a mendicare”. A quei tempi un cieco “non poteva che vivere di elemosina”. Parafrasando, la figura di quel non vedente “rappresenta tante persone che, anche oggi, si trovano emarginate a causa di uno svantaggio fisico o di altro genere”. Vive lontano dalla società, “sta lì seduto mentre la gente passa indaffarata”. La strada, che di norma è un luogo di incontro, “per lui invece è il luogo della solitudine”.

E’ un immagine triste: un emarginato che vive per strada, e “sullo sfondo la città di Gerico, la splendida e rigogliosa oasi nel deserto”. E’ una città antica, che “rappresenta la porta d’ingresso nella terra promessa”. Infatti, è proprio a Gerico che “giunse il popolo di Israele al termine del lungo esodo dall’Egitto”. Il Pontefice cita le parole di Mosè scritte nel libro del Deuteronomio: “Se vi sarà in mezzo a te qualche tuo fratello che sia bisognoso in una delle tue città nella terra che il Signore, tuo Dio, ti dà, non indurirai il tuo cuore e non chiuderai la mano davanti al tuo fratello bisognoso. Poiché i bisognosi non mancheranno mai nella terra, allora io ti do questo comando e ti dico: Apri generosamente la mano al tuo fratello povero e bisognoso nella tua terra (Dt 15,7.11)”.

Si viene a creare uno stridente contrasto tra quella raccomandazione divina e la situazione descritta da Luca: “mentre il cieco grida invocando Gesù, la gente lo rimprovera per farlo tacere. Non hanno compassione di lui, anzi, provano fastidio per le sue grida. L’indifferenza e l’ostilità rendono ciechi e sordi, impediscono di vedere i fratelli e non permettono di riconoscere in essi il Signore”. Francesco fa notare un particolare: “L’evangelista dice che qualcuno della folla spiegò al cieco il motivo di tutta quella gente dicendo: ‘Passa Gesù, il Nazareno!’. Il passaggio di Gesù è indicato con lo stesso verbo con cui nel libro dell’Esodo si parla del passaggio dell’angelo sterminatore che salva gli Israeliti in terra d’Egitto. È il ‘passaggio’ della Pasqua, l’inizio della liberazione”.

In un certo senso, al cielo “è come se venisse annunciata la sua pasqua. Senza lasciarsi intimorire, grida più volte verso Gesù riconoscendolo come il Figlio di Davide, il Messia atteso che, secondo il profeta Isaia, avrebbe aperto gli occhi ai ciechi (cfr Is 35,5). A differenza della folla, questo cieco vede con gli occhi della fede. Grazie ad essa la sua supplica ha una potente efficacia”. Le urla del mendicante arrivano alle orecchie di Gesù che si fermò e ordinò che lo conducessero da lui. In tal modo “Gesù toglie il cieco dal margine della strada e lo pone al centro dell’attenzione dei suoi discepoli e della folla”.

Si viene a creare un “duplice passaggio. Primo: la gente aveva annunciato una buona novella al cieco, ma non voleva avere niente a che fare con lui; ora Gesù obbliga tutti a prendere coscienza che il buon annuncio implica porre al centro della propria strada colui che ne era escluso. Secondo: a sua volta, il cieco non vedeva, ma la sua fede gli apre la via della salvezza, ed egli si ritrova in mezzo a quanti sono scesi in strada per vedere Gesù. Il passaggio del Signore è un incontro di misericordia che tutti unisce intorno a Lui per permettere di riconoscere chi ha bisogno di aiuto e di consolazione”.

E’ straordinario il modo in cui Gesù si rivolge al cieco. Gli domanda: “Che cosa vuoi che io faccia per te?”. Sono parole che Francesco definisce “impressionanti”. Il Figlio di Dio ora sta di fronte al cieco come un umile servo. “Dio si fa servo dell’uomo peccatore. E il cieco risponde a Gesù non più chiamandolo ‘Figlio di Davide’, ma ‘Signore’, il titolo che la Chiesa fin dagli inizi applica a Gesù Risorto. Il cieco chiede di poter vedere di nuovo e il suo desiderio viene esaudito. Egli ha mostrato la sua fede invocando Gesù e volendo assolutamente incontrarlo, e questo gli ha portato in dono la salvezza. Grazie alla fede ora può vedere e, soprattutto, si sente amato da Gesù”.

“Per questo il racconto termina riferendo che il cieco «cominciò a seguirlo glorificando Dio”. Il mendicante diventa “discepolo incamminandosi dietro al Signore ed entrando a far parte della sua comunità. Colui che volevano far tacere, adesso testimonia ad alta voce il suo incontro con Gesù di Nazaret, e ‘tutto il popolo, vedendo, diede lode a Dio’. Avviene un secondo miracolo: ciò che è accaduto al cieco fa sì che anche la gente finalmente veda”. Quella stessa luce ricca di misericordia “illumina tutti accomunandoli nella preghiera di lode. Così Gesù effonde la sua misericordia su tutti coloro che incontra: li chiama, li raduna, li guarisce e li illumina, creando un nuovo popolo che celebra le meraviglie del suo amore misericordioso”.

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