“Tramite voi, posso far giungere il mio saluto alle vostre comunità sparse nel mondo, ed esprimere il mio incoraggiamento in particolare a quelle dell’Iraq e della Siria, che vivono momenti di grande sofferenza e di paura di fronte alle violenze”. Così Papa Francesco ha espresso la sua vicinanza e il suo incoraggiamento per i tanti cristiani che di fronte alla brutalità e alla violenza dei loro persecutori sono costretti a fuggire dalle loro case e sai loro Paesi natii. Questa mattina in Vaticano, il Santo Padre ha incontratom una delegazione dei cattolici siro-antiocheni, guidata dal patriarca Ignace Youssif III Younan.
La comunità riunita a Roma per il Sinodo, tenutosi fuori dal territorio patriarcale a causa della guerra, ha cercato di rispondere ai bisogni “impellenti” della chiesa siro-cattolica, discutendo della riforma della Divina Liturgia. “Questo lavoro ha richiesto un intenso approfondimento della Tradizione e molto discernimento, sapendo quanto l’assemblea dei fedeli è sensibile al grande dono della Parola e dell’Eucaristia – spiega Papa Francesco – la difficile situazione nel Medio Oriente ha provocato e continua a provocare nella vostra Chiesa spostamenti di fedeli verso le Eparchie della diaspora, e questo vi mette di fronte a nuove esigenze pastorali”.
Secondo il papa argentino quello a cui vanno incontro i pastori della chiesa siro-cattolica è una duplice sfida, rimanere sempre fedeli alle tradizioni, ma sapendosi inserire in nuovi contesti culturali; e il tutto deve essere fatto sempre mettendosi al servizio del bene comune. “Questo movimento di fedeli verso Paesi considerati più sicuri impoverisce la presenza cristiana in Medio Oriente, terra dei profeti, dei primi predicatori del Vangelo, dei martiri e di tanti santi, culla degli eremiti e del monachesimo – ha affermato il Santo Padre – tutto ciò richiede che ci siano pastori e fedeli coraggiosi, capaci di testimoniare il Vangelo nel confronto, a volte non facile, con persone di etnie e religioni diverse”.
“Tanti sono fuggiti per mettersi al riparo da una disumanità che getta sulle strade popolazioni intere, lasciandole senza mezzi di sussistenza. – conclude così il suo discorso Francesco – Con le altre Chiese cercate di coordinare i vostri sforzi per rispondere ai bisogni umanitari sia di quanti restano in patria, sia di coloro che si sono rifugiati in altri Paesi”.