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BERGOGLIO A GYUMRI : “MEMORIA, FEDE E MISERICORDIA SONO I TRE PILASTRI SU CUI EDIFICARE LA VITA CRISTIANA”

Memoria, fede, amore misericordioso. E’ la ricetta di vita del cristiano secondo Papa Francesco, che questa mattina ha celebrato a Gyumri, in piazza Vartanants, la Santa Messa votiva della Misericordia di Dio, secondo il rito latino. Sul palco, accanto al Pontefice anche il Catholicos Karekin II, che all’inizio della celebrazione ha rivolto un indirizzo di saluto al Santo Padre. Citando il profeta Isaia (Riedificheranno le rovine antiche, restaureranno le città desolate), Bergoglio fa notare che proprio in Armenia “si sono realizzate le parole del profeta. Dopo le terribili devastazioni del terremoto, ci troviamo oggi qui a rendere grazie a Dio per tutto quanto è stato ricostruito”.

Alle migliaia di persone che affollano la piazza, baciata da un caldo sole estivo, il Pontefice rivolge un quesito: “Che cosa il Signore ci invita a costruire oggi nella vita, e soprattutto: su che cosa ci chiama a costruire la nostra vita?” Nel cercare di rispondere a questa domanda, il Papa da “tre basi stabili su cui possiamo edificare e riedificare la vita cristiana, senza stancarci”. Anzitutto, la memoria. “Una grazia da chiedere è quella di saper recuperare la memoria di quello che il Signore ha compiuto in noi e per noi”, cioè richiamare alla mente che “Egli non ci ha dimenticato, ma si è ricordato di noi: ci ha scelti, amati, chiamati e perdonati; ci sono stati grandi avvenimenti nella nostra personale storia di amore con Lui, che vanno ravvivati con la mente e con il cuore”. Vi è poi un’altra memoria da custodire, quella del popolo.

“I popoli hanno infatti una memoria, come le persone – prosegue il Pontefice -. E la memoria del vostro popolo è molto antica e preziosa. Nelle vostre voci risuonano quelle dei sapienti santi del passato; nelle vostre parole c’è l’eco di chi ha creato il vostro alfabeto allo scopo di annunciare la Parola di Dio; nei vostri canti si fondono i gemiti e le gioie della vostra storia. Pensando a tutto questo potete riconoscere certamente la presenza di Dio: Egli non vi ha lasciati soli. Anche fra tremende avversità, potremmo dire con il Vangelo di oggi, il Signore ha visitato il vostro popolo: si è ricordato della vostra fedeltà al Vangelo, della primizia della vostra fede, di tutti coloro che hanno testimoniato, anche a costo del sangue, che l’amore di Dio vale più della vita. È bello per voi poter ricordare con gratitudine che la fede cristiana è diventata il respiro del vostro popolo e il cuore della sua memoria”.

Altro pilastro su cui costruire la vita cristiana è la fede, che è “anche la speranza per il vostro avvenire, la luce nel cammino della vita”. Ma bisogna fare attenzione, perché c’è sempre un pericolo che può far sbiadire la fiducia in Dio: “la tentazione di ridurla a qualcosa del passato, a qualcosa di importante ma che appartiene ad altri tempi, come se la fede fosse un bel libro di miniature da conservare in un museo”. Come ricordato altre volte, se la fede viene “rinchiusa negli archivi della storia, perde la sua forza trasformante, la sua bellezza vivace, la sua positiva apertura verso tutti”. Al contrario, essa “rinasce dall’incontro vivificante con Gesù, dall’esperienza della sua misericordia che dà luce a tutte le situazioni della vita”.

Per alimentarla, è bene che ogni giorni si rinnovi l’incontro con il Risorto per “aprirci nella preghiera silenziosa al suo amore”. Infatti, proprio “l’incontro con la tenerezza del Signore accende la gioia nel cuore: una gioia più grande della tristezza, una gioia che resiste anche di fronte al dolore, trasformandosi in pace”. Tutto ciò rinnova la vita, “la rende libera e docile alle sorprese, pronta e disponibile per il Signore e per gli altri. Può succedere anche che Gesù chiami a seguirlo più da vicino, a donare la vita a Lui e ai fratelli”. Ed è un invito che fa specialmente ai giovani. “Non abbiate paura, ditegli di sì! – prosegue Bergoglio – Egli ci conosce, ci ama davvero, e desidera liberare il cuore dai pesi del timore e dell’orgoglio.

Il terzo fondamento è “l’amore misericordioso: è su questa roccia, sulla roccia dell’amore ricevuto da Dio e offerto al prossimo, che si basa la vita del discepolo di Gesù”. Solo vivendo la carità “il volto della Chiesa ringiovanisce e diventa attraente”. E’ l’amore concreto “il biglietto da visita del cristiano: altri modi di presentarsi possono essere fuorvianti e persino inutili”. Ognuno di noi è chiamato “anzitutto a costruire e ricostruire vie di comunione, senza mai stancarci, a edificare ponti di unione e a superare le barriere di separazione”. E i credenti siano i primi a dare “sempre l’esempio, collaborando tra di loro nel rispetto reciproco e nel dialogo”. Citando le parole di San Giovanni Paolo II, Bergoglio afferma: “L’unica competizione possibile tra i discepoli del Signore è quella di verificare chi è in grado di offrire l’amore più grande!”.

Ritornando al brano del profeta Isaia proclamato nella prima lettura, Francesco fa notare che “Dio dimora nel cuore di chi ama, specialmente dove ci si prende cura, con coraggio e compassione, dei deboli e dei poveri”. Oggi. più che mai, c’è bisogno proprio di questo. Il mondo necessita “di cristiani che non si lascino abbattere dalle fatiche e non si scoraggino per le avversità, ma siano disponibili e aperti, pronti a servire; di uomini di buona volontà, che di fatto e non solo a parole aiutino i fratelli e le sorelle in difficoltà; di società più giuste, nelle quali ciascuno possa avere una vita dignitosa e in primo luogo un lavoro equamente retribuito”.

Ci si potrebbe, dunque, chiedere: “Come si può diventare misericordiosi, con tutti i difetti e le miserie che ciascuno vede dentro di sé e attorno a sé?” La riposta di Francesco si ispira “ad un grande araldo della misericordia divina”, un santo che lo stesso Pontefice ha voluto proporre all’attenzione di tutti annoverandolo tra i Dottori della Chiesa universale: san Gregorio di Narek, “parola e voce dell’Armenia”. Nessuno come lui è stato in grado di “scandagliare le abissali miserie che si possono annidare nel cuore dell’uomo”. Tuttavia, egli “ha sempre posto in dialogo le miserie umane e la misericordia di Dio, elevando un’accorata supplica fatta di lacrime e fiducia al Signore, nella certezza che mai è adombrata dalle tenebre della rabbia la luce della sua misericordia”. Gregorio di Narek è quindi “un maestro di vita, perché ci insegna che è anzitutto importante riconoscerci bisognosi di misericordia”.

E proprio con le del santo armeno, il Papa conclude la sua omelia invocando la misericordia divina: “Spirito Santo, potente protettore, intercessore e pacificatore, noi ti rivolgiamo le nostre suppliche. Accordaci la grazia di incoraggiarci alla carità e alle opere buone. Spirito di dolcezza, di compassione, di amore per l’uomo e di misericordia, Tu che non sei altro che misericordia, abbi pietà di noi, Signore nostro Dio, secondo la tua grande misericordia”.

Al termine della celebrazione, il Papa ha ringraziato di cuore il Catholicos Karekin II e all’Arcivescovo Minassian per le cortesi parole che gli sono state rivolte. Ha poi ringraziato tutti i partecipanti che sono giunti a Gyumri anche da diverse regioni e dalla vicina Georgia. Poi, un indirizzo di saluto rivolto a “chi, con tanta generosità e amore concreto, aiuta quanti si trovano nel bisogno. Penso soprattutto all’ospedale di Ashotsk, inaugurato venticinque anni fa e conosciuto come l’“Ospedale del Papa”: nato dal cuore di san Giovanni Paolo II, è ancora una presenza tanto importante e vicina a chi soffre; penso alle opere portate avanti dalla comunità cattolica locale, dalle Suore Armene dell’Immacolata Concezione e delle Missionarie della Carità della beata Madre Teresa di Calcutta”.

Al termine della Messa, il Santo Padre è salito in papamobile per compiere un lungo giro nella Piazza Vartanants e salutare i fedeli. Ha quindi raggiunto il Convento “Nostra Signora dell’Armenia”, delle Suore armene dell’Immacolata Concezione. Dopo il pranzo, in privato, il Papa saluterà le religiose, gli orfani che le suore curano nel “Boghossian Educational Centre” annesso al convento e gli studenti della Scuola Professionale “Diramayr” gestita dalla Congregazione.

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