“Basta complotti, bisogna abbandonare la malizia”

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Che questo Natale ci apra gli occhi per abbandonare il superfluo, il falso, il malizioso e il finto, e per vedere l'essenziale, il vero, il buono e l'autentico. Tanti auguri davvero!”. Con queste parole, Papa Francesco apre il suo discorso ai cardinali e agli alti prelati della Curia Romana, ricevuti nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico, in Vaticano, per il tradizionale scambio degli auguri natalizi. Il Pontefice denuncia il “pericolo” dei “traditori di fiducia o degli approfittatori della maternità della Chiesa, ossia le persone che vengono selezionate accuratamente per dare maggior vigore al corpo e alla riforma, ma – non comprendendo l'elevatezza della loro responsabilità – si lasciano corrompere dall'ambizione o dalla vanagloria e, quando vengono delicatamente allontanate, si auto-dichiarano erroneamente martiri del sistema, del 'Papa non informato', della 'vecchia guardia'…, invece di recitare il 'mea culpa'“. 

Contro la “logica del complotto”

Il Papa invita la Curia a “superare quella squilibrata e degenere logica dei complotti o delle piccole cerchie che in realtà rappresentano – nonostante tutte le loro giustificazioni e buone intenzioni – un cancro che porta all'autoreferenzialità, che s'infiltra anche negli organismi ecclesiastici in quanto tali, e in particolare nelle persone che vi operano”. E aggiunge: “Quando questo avviene, però, si perde la gioia del Vangelo, la gioia di comunicare il Cristo e di essere in comunione con Lui; si perde la generosità della nostra consacrazione”. “Accanto a queste persone – aggiunge il Pontefice – ve ne sono poi altre che ancora operano nella Curia, alle quali si dà tutto il tempo per riprendere la giusta via, nella speranza che trovino nella pazienza della Chiesa un'opportunità per convertirsi e non per approfittarsene. Questo certamente senza dimenticare la stragrande parte di persone fedeli che vi lavorano con lodevole impegno, fedeltà, competenza, dedizione e anche tanta santità“.

Chiesa “fedele”…

Poi suggerisce ad ogni Dicastero di agire nella Chiesa “come delle fedeli antenne sensibili: emittenti e riceventi”. E aggiunge: “Antenne emittenti in quanto abilitate a trasmettere fedelmente la volontà del Papa e dei Superiori”. La parola “fedeltà”, spiega, “per quanti operano presso la Santa Sede assume un carattere particolare, dal momento che essi pongono al servizio del Successore di Pietro buona parte delle proprie energie, del proprio tempo e del proprio ministero quotidiano. Si tratta di una grave responsabilità, ma anche di un dono speciale, che con il passare del tempo va sviluppando un legame affettivo con il Papa, di interiore confidenza, un naturale idem sentire, che è ben espresso proprio dalla parola 'fedeltà'”. “L'immagine dell'antenna – conclude il Pontefice – rimanda altresì all'altro movimento, quello inverso, ossia del ricevente. Si tratta di cogliere le istanze, le domande, le richieste, le grida, le gioie e le lacrime delle Chiese e del mondo in modo da trasmetterle al Vescovo di Roma al fine di permettergli di svolgere più efficacemente il suo compito e la sua missione di 'principio e fondamento perpetuo e visibile dell'unità di fede e di comunione'“. 

… che lavora ad extra

Una Curia chiusa in sé stessa tradirebbe l'obbiettivo della sua esistenza e cadrebbe nell'autoreferenzialità, condannandosi all'autodistruzione. Dio ha costituito la Chiesa per essere nel mondo, ma non del mondo, e per essere strumento di salvezza e di servizio”. Parlando poi della riforma, Bergoglio usa un'espressione molto significativa di mons. Frederic-François-Xavier De Merode: “Fare le riforme a Roma è come pulire la Sfinge d'Egitto con uno spazzolino da denti“. E, sorridendo, spiega: “Ciò evidenzia quanta pazienza, dedizione e delicatezza occorrano per raggiungere tale obbiettivo, in quanto la Curia è un'istituzione antica, complessa, venerabile, composta da uomini provenienti da diverse culture, lingue e costruzioni mentali e che, strutturalmente e da sempre, è legata alla funzione primaziale del Vescovo di Roma nella Chiesa, ossia all'ufficio 'sacro' voluto dallo stesso Cristo Signore per il bene dell'intero corpo della Chiesa, (ad bonum totius corporis)”.

Il dialogo interreligioso

Parlando poi dei rapporti con l'ebraismo, l'islam e le altre religioni, il Santo Padre fa noare che “il rapporto della Curia Romana con le altre religioni si basa sull'insegnamento del Concilio Vaticano II e sulla necessità del dialogo”. E, citando il suo discorso tenuto all'Università di Al-Azhar, al Cairo, il 28 aprile scorso, spiega: “Perché l'unica alternativa alla civiltà dell'incontro è l'inciviltà dello scontro“. Secondo Bergoglio, “il dialogo è costruito su tre orientamenti fondamentali: il dovere dell'identità, il coraggio dell'alterità e la sincerità delle intenzioni. Il dovere dell'identità, perché non si può imbastire un dialogo vero sull'ambiguità o sul sacrificare il bene per compiacere l'altro; il coraggio dell'alterità, perché chi è differente da me, culturalmente o religiosamente, non va visto e trattato come un nemico, ma accolto come un compagno di strada, nella genuina convinzione che il bene di ciascuno risiede nel bene di tutti; la sincerità delle intenzioni, perché il dialogo, in quanto espressione autentica dell'umano, non è una strategia per realizzare secondi fini, ma una via di verità, che merita di essere pazientemente intrapresa per trasformare la competizione in collaborazione”. E, di fatto, “gli incontri avvenuti con le autorità religiose, nei diversi viaggi apostolici e negli incontri in Vaticano, ne sono la concreta prova“.

“Il nostro ruolo è costruire ponti”

Parlando infine della Curia e del suo rapporto con gli altri Stati, il Papa afferma che “in questo campo gioca un ruolo fondamentale la Diplomazia Vaticana, che è la ricerca sincera e costante di rendere la Santa Sede un costruttore di ponti, di pace e di dialogo tra le Nazioni”. “Ed essendo una Diplomazia al servizio dell'umanità e dell'uomo, della mano tesa e della porta aperta, essa si impegna nell'ascoltare, nel comprendere, nell'aiutare, nel sollevare e nell'intervenire prontamente e rispettosamente in qualsiasi situazione per avvicinare le distanze e per intessere la fiducia“, prosegue. Secondo il Pontefice, “l'unico interesse della Diplomazia Vaticana è quello di essere libera da qualsiasi interesse mondano o materiale”. La Santa Sede, dunque, “è presente sulla scena mondiale per collaborare con tutte le persone e le Nazioni di buona volontà e per ribadire sempre l'importanza di custodire la nostra casa comune da ogni egoismo distruttivo; per affermare che le guerre portano solo morte e distruzione; per attingere dal passato i necessari insegnamenti che ci aiutano a vivere meglio il presente, a costruire solidamente il futuro e a salvaguardarlo per le nuove generazioni“. E sottolinea: “Gli incontri con i Capi delle Nazioni e con le diverse Delegazioni, insieme ai Viaggi Apostolici, ne sono il mezzo e l'obiettivo”. “Ecco perché – spiega – è stata costituita la Terza Sezione della Segreteria di Stato, con la finalità di dimostrare l'attenzione e la vicinanza del Papa e dei Superiori della Segreteria di Stato al personale di ruolo diplomatico e anche ai religiosi e alle religiose, ai laici e alle laiche che prestano lavoro nelle Rappresentanze Pontificie. Una Sezione che si occupa delle questioni attinenti alle persone che lavorano nel servizio diplomatico della Santa Sede o che vi si preparano, in stretta collaborazione con la Sezione per gli Affari Generali e con la Sezione per i Rapporti con gli Stati“. E conclude: “Questa particolare attenzione si basa sulla duplice dimensione del servizio del personale diplomatico di ruolo: pastori e diplomatici, al servizio delle Chiese particolari e delle Nazioni ove operano”. 

Il dono del Papa alla Curia

E, prima di congedarsi, parlando a braccio, porge un dono ai prelati: “Vorrei, come dono del Natale, lasciare questa versione italiana dell'opera di padre Beato Maria Eugenio di Gesù Bambino (al secolo, Henri Grialou, ndr), 'Voglio vedere Dio': è un'opera di teologia spirituale, ci farà bene a tutti, forse non leggendola tutta ma cercando nell'indice la parte che più interessa o di cui si ha più bisogno. Spero che faccia bene a tutti noi”. E aggiunge: “E' stato generoso mons. Piacenza, e anche il reggente della Penitenzieria, mons. Nykiel, che hanno fatto questo libro che è 'La festa del perdono' come risultato del Giubileo della Misericordia e hanno voluto regalarlo. Lo troverete uscendo. Grazie a mons. Piacenza e alla Penitenzieria apostolica”.

Fabio Beretta: