La Chiesa “dialoga con tutti. Non alza steccati o muri. Certo, non può tacere quando le grida di turno o i provvedimenti adottati contrastano con il Vangelo e un'antropologia cristiana che è nell'interesse di tutti”, afferma il presidente della Conferenza episcopale italiana, cardinale Gualtiero Bassetti in un’intervista ad Avvenire. “Non sosteniamo alcuna maggioranza e non siamo all'opposizione di alcuna alleanza di governo – afferma il leader della Cei -. Come Chiesa accogliamo con fiducia iniziative o decisioni che vanno incontro alle esigenze della comunità, come siamo voce critica davanti a scelte o progetti che minano la persona e la società”, chiarisce Bassetti, e ammette “si avverte una sorta di divario fra le istituzioni e il cittadino. Come cristiani abbiamo tirato i remi in barca, mi viene da dire. Ci interessiamo al sociale, magari interveniamo nel dibattito pubblico, ma non riusciamo a far sentire la nostra voce, a far entrare istanze e visioni nelle decisioni politiche. E questo produce una disaffezione e un'indifferenza che non possono non preoccupare”.
I nuovi muri
Sull'impegno dei cattolici in politica il capo della Chiesa italiana fa proprie le parole del Papa: “È necessaria una nuova presenza di cattolici in politica. Una nuova presenza che non implica solo nuovi volti nelle campagne elettorali, ma principalmente nuovi metodi che permettano di forgiare alternative che contemporaneamente siano critiche e costruttive”. Ma, puntualizza il porporato “non ci si può fermare all'annuncio” perché “la nostra società ha un grande bisogno di persone che non scendano a patti con la mondanità, con l'individualismo esasperato, con l'arroganza diffusa e che abbiano come bussole la sobrietà e l'umiltà. Non si tratta di guardare al passato ma di costruire un futuro realmente nuovo”. Un cattolico impegnato in politica è “chiamato a ricucire”, avverte la guida dell’episcopato nazionale. “In un frangente segnato dalle divisioni, dalle lacerazioni sociali e, aggiungerei, anche ecclesiali – sostiene il cardinale Bassetti- occorre essere uomini e donne di comunione e di riconciliazione, intercettare le varie sensibilità e i molti bisogni, fare sintesi intorno a quell'orizzonte condiviso che è l'umanesimo cristiano. Inoltre serve dare forma e sostanza alle parole: non ci si può fermare solamente all'annuncio”, ribadisce. Sul tema del razzismo e dell'antisemitismo, anche in relazione alle minacce alla senatrice a vita Liliana Segre, costretta a muoversi con la scorta, il porporato spiega: “Un cristiano non può essere antisemita' ha ricordato recentemente papa Francesco, come non può essere un seminatore di odio”.
Peccato contro Dio
“Su internet e nelle reti sociali l'anonimato ha partorito gli hater, gli odiatori. Come cittadini, come Chiese e come vescovi, non possiamo che condannare ogni atteggiamento o intervento che semina a piene mani disprezzo, inimicizia, ostilità. Azioni e parole dettate dal rancore sono un peccato contro Dio e contro l'umanità”, chiarisce il porporato. “Proviamo timore e dolore verso ogni forma di antisemitismo che deve essere combattuta senza esitazioni. E non possono essere consentiti i silenzi, le mancanze o le astensioni”.
L’esempio di Francesco nelle diocesi
Papa Francesco chiama e la diocesi di Firenze risponde. Anche recentemente il Pontefice ha chiesto ai vescovi italiani di ripartire dal discorso che tenne nella Cattedrale di Santa Maria del Fiore in occasione del quinto Convegno Ecclesiale Nazionale (10 novembre 2015) e dalla esortazione apostolica Evangelii Gaudium, evidenzia l’Adnkronos. Raccolta subito la sollecitazione, dal 2017 l'Arcidiocesi di Firenze ha intrapreso il Cammino Sinodale proprio per riflettere e discutere sulle parole del Papa e oggi, a quattro anni esatti dalla sua visita a Firenze, con l'assemblea diocesana dal titolo “Chiamati ad essere fermento di dialogo, di incontro, di unità” si apre una nuova fase del Cammino, quella “in uscita”. Appuntamento a partire dalle ore 15 in cattedrale per un incontro di comunione tra tutte le realtà della Chiesa fiorentina intorno all'arcivescovo, incontro a cui sono invitati a partecipare tutti i fiorentini, chiunque voglia dare il suo contributo.
51 pannelli
Il cardinale Giuseppe Betori, dopo aver ascoltato i vari interventi, traccia le conclusioni fornendo alcune indicazioni per la nuova fase che prevede l'apertura di un dialogo con la società civile, “con quanti hanno a cuore le sorti dell'uomo e possono aiutare a comprendere meglio quale contributo il mondo si attende dalla Chiesa e la Chiesa sente di dover offrire al mondo”. La prima fase del Cammino sinodale, che si è svolta nelle parrocchie e nei vicariati, ha messo in moto un metodo nuovo: tavoli di lavoro, ascolto reciproco, condivisione. Uno stile sinodale, appunto, che adesso vuole essere esteso attraverso il dialogo con le realtà sociali esterne alla Chiesa: con il mondo del lavoro, della scuola, dello sport, della politica, dell'economia ecc. In alcune zone si è già iniziato, con esperienze positive. E saranno proprio alcune di queste esperienze ad essere raccontate nell'assemblea del 10 novembre, anche con alcuni brevi video. Al termine dell'incontro in Cattedrale, ci sarà un breve pellegrinaggio verso la Basilica della Santissima Annunziata per affidare a Maria il Cammino sinodale. Nel chiostro, i partecipanti potranno anche visitare la mostra “Gesti e parole. Jorge Mario Bergoglio, una presenza originale“. L'esposizione sul magistero di Papa Francesco, articolata in 51 pannelli, è stata ideata da un gruppo di argentini per il Meeting di Rimini del 2018 per aiutare le persone ad avere una conoscenza autentica di quello che il Papa fa e dice. La mostra poi girerà sul territorio diocesano, anche in ambienti laici, e verranno formate delle guide che accompagneranno persone e gruppi durante la visita.
L’importanza del confronto
Aprire le porte del dialogo con Matteo Salvini: l'associazione cattolica Club Santa Chiara concorda con il cardinale Camillo Ruini. Marco Palmisano, presidente dell'associazione di comunicazione e fondatore del movimento “Laici e Cristiani2, sottolinea in una nota ripresa dall’Ansa l'importanza delle riflessioni del card. Ruini circa la presenza sociale dei cattolici italiani, con particolare riferimento ai partiti politici. Palmisano parla di “tre passaggi significati dell'intervista a Ruini: il primo circa il fatto che oggi in Italia non è il tempo per un partito dei cattolici, mancano i presupposti che sono quelli innanzitutto di una rinnovata presenza sociale unitaria, culturale prima che partitica. Per questo fatto bene ha fatto il card. Ruini ad aprire la porta del dialogo con Salvini e con tutto il centro destra che seppur non rappresentando la totalità dei cattolici italiani, di certo ne rappresentano politicamente la maggioranza”. Con questa presa di posizione, specifica Palmisano, “si chiude pertanto definitivamente l'equivoco del cosiddetto cattocomunismo che per tanti anni ha visto coincidere la presenza dei cattolici in politica con il Pd e con lo schieramento dei partiti di centro sinistra”. Quindi “giunge il tempo che la Chiesa torni a fare la Chiesa promuovendo ed educando soggetti laici adulti, capaci di fare le proprie scelte in autonomia, sostenendo quei partiti che sono più vicini alle istanze della dottrina sociale della Chiesa e pertanto al bene comune dell'intero popolo italiano”.
Dibattito aperto
“Bisogna fare chiarezza”. Ad intervenire con l'Adnkronos nel dibattito suscitato dal lancio del Manifesto di un nuovo partito d'ispirazione cristiana e dall'intervento del cardinale Ruini sul tema è Giancarlo Infante, di Politica Insieme, tra gli 'autori' di riferimento nella configurazione del documento e del futuro soggetto politico. “Il cardinale Ruini – dice Infante – ritiene che non siano maturi i tempi per dare vita ad un partito perché la Chiesa ha una 'pluralità' di voci al proprio interno, cioè è divisa e si tiene lontana dalla politica. Ma il problema è che la politica la fanno i laici. Soprattutto, laici dalle idee molto chiare sulla distinzione di ciò che riguarda la dimensione di fede rispetto a quello che riguarda il bene pubblico. Si tratta, ovviamente, di laici che si ispirano alla tradizione del pensiero popolare cristiano democratico”. “La Chiesa deve dialogare con Salvini? Ma la chiesa deve dialogare con tutti – afferma Infante -. Il Papa ha ricevuto politici di tutto il mondo, di ogni genere e posizione. Questo non ha una valenza politica”. Quindi l’esponente di Politica Insieme precisa: “Noi, come ha ben detto da Zamagni, non siamo contro qualcuno, ma per fare delle cose. Il nostro Manifesto parte proprio dalla constatazione che l’Italia e il suo mondo politico e istituzionale hanno bisogno di una radicale trasformazione. Credenti e non credenti possono ritrovarsi attorno ad un progetto rigenerativo. Cominciando, a lavorare “per” non “contro” qualcuno”. Ruini parla dei buoni frutti venuti dalle sue relazioni con il mondo politico in generale e con quello del centrodestra in particolare: “Non vediamo però quali siano questi buoni frutti , viste le condizioni drammatiche del Paese”. Infante aggiunge: “Il problema vero è che involontariamente Ruini ha in qualche modo confermato quello che è stato un modo di agire e di pensare di gran parte di uomini della Chiesa che hanno favorito la diaspora”, cioè la divisione in partiti organizzati dagli altri. Un'operazione di cui è stata rilevata “l'assoluta irrilevanza ed inconsistenza perché non c'è stata alcuna ricezione delle istanze dei cattolici democratici”, né da parte dei governi a guida centrosinistra né di quelli a guida centrodestra.
La lezione della caduta del Muro
“Nella storia, anche quella della Salvezza, i costruttori di muri imponenti sono destinati a perire sotto le proprie macerie. Il Muro di Berlino è caduto in testa a chi lo aveva edificato perché un movimento spontaneo di giovani ha soffiato sulle misere spoglie di un gigante dai piedi di argilla. Nulla di nuovo sotto il sole”, ha scritto su In Terris don Aldo Bonaiuto in un contributo dal titolo “I muri dei veri razzisti”, alla vigilia del trentesimo anniversario del crollo del muro di Berlino. “Una ricorrenza provvidenziale – scrive il sacerdote di frontiera della Comunità Papa Giovanni XXIII- che va festeggiata come simbolo della ritrovata libertà della metà d'Europa funestata dalla tirannia comunista. Però è ormai una festa amara perché, in tre decenni, di muri ne sono spuntati a decine e i peggiori, autenticamente demoniaci, sono quelli che abbiamo più o meno consapevolmente innalzato a casa nostra, dentro di noi, contro i nostri fratelli”. Nel corso della storia, ricorda il direttore di In Terris, “si è man mano individuato il virus della conquista, della volontà di sopraffazione. La pazzia più crudele dell'umanità ha provocato stragi e genocidi proprio soffiando sulla sterile velleità di invadere e di appropriarsi delle ricchezze, materiali e persino spirituali, degli altri. La nota ricorrente è che, appena si alzava un muro, partiva la criminalizzazione di chi stava dall'altra parte e, guarda caso, fuori dalla protezione muraria restavano sempre e ovunque i marginali, gli scartati, gli apolidi, i non desiderati”. Quanto ai muri attuali, “non è paradossale che coloro i quali hanno superato storiche divisioni poi contribuiscano a crearne di nuove? Anche la Chiesa ha le sue responsabilità laddove pretenda di alzare barriere a tutela di un'astratta idea di alterità, invece di seguire l'esempio evangelico di Chi sedeva a tavola con i pubblicani, i peccatori e altra gente “malfamata”. Si sa che la storia è maestra ma non ha allievi. La lezione della caduta del Muro è che si parla sempre con chiunque e che mai bisogna escludere qualcuno dal dialogo”.