La città di Hassakè, capoluogo dell’omonimo governatorato nel nord-est della Siria, è stata teatro nella sera del 23 giugno di una serie di esplosioni realizzate da militanti jihadisti dello Stato Islamico, provocando morti e feriti. Una prima deflagrazione presso una cisterna adiacente a un presidio delle milizie curde, ha dato inizio alla successione di attacchi.
A seguire, un camion sarebbe saltato in aria all’ingresso nord-orientale della città. Un altro attentato è avvenuto nei pressi di una fabbrica di acqua minerale, al quale si è aggiunto un blitz realizzato da un commando composto da tre jihadisti contro una caserma dell’esercito governativo, nel centro di Hassakè. Prima di essere uccisi, gli uomini armati hanno sparato a due ufficiali e quattro soldati. Gli attentati si sono verificati nelle due ore in cui la popolazione esce dalle case per rifornirsi di cibo e bevande e rompere il digiuno del Ramadan.
Secondo l’arcivescovo siro-cattolico Jacques Behnan Hindo, “l’intenzione era evidentemente quella di fare più danni e diffondere più terrore possibile, colpendo sia i miliziani curdi, sia l’esercito governativo. D’altro canto – aggiunge Mons. Hindo – queste azioni appaiono come dei gesti disperati di chi sta perdendo terreno. I jihadisti dell’Isis avevano provato ad entrare a Hassakè e sono stati respinti. Nelle ultime ore hanno perso molto terreno e molti uomini a causa dell’offensiva delle milizie curde, che hanno prevalso negli scontri vicino alla città di Ain Issa e adesso avanzano verso Raqqa, la roccaforte jihadista. Per questo le iniziative isolate di alcuni miliziani jihadisti a Hassakè sembrano più che altro un indizio di debolezza, da parte di chi agisce senza seguire una chiara visione strategica”.