“All’apertura della 112ma Assemblea plenaria dobbiamo ringraziare Dio per quest’anno che stiamo portando a termine”. Con queste parole Sua Ecc. Mons. José María Arancedo, Arcivescovo di Santa Fe de la Vera Cruz e Presidente della Conferenza Episcopale argentina (Cea), ha iniziato l’omelia di apertura dell’Assemblea dell’Episcopato argentino. L’Assemblea dei Vescovi – iniziata lunedì 7 novembre – proseguirà per tutta la settimana e toccherà i diversi temi della vita sociale nazionale e della pastorale, quali le diverse situazioni di povertà, il narcotraffico e la riconciliazione (una priorità nel Paese latinoamericano segnato da guerre tra narcos) e la situazione delle carceri.
“Abbiamo assistito a una serie di eventi che fanno la storia della Chiesa in Argentina e hanno arricchito la vita delle nostre comunità – ha proseguito l’Arcivescovo -. L’Anno Santo della Misericordia con il suo messaggio di conversione e di santità, la celebrazione a Tucuman del bicentenario del nostro paese insieme all’XI Congresso Eucaristico Nazionale, una vera festa della fede eucaristica e della comunione ecclesiale. Abbiamo assistito infine alla beatificazione di Mamma Antula e alla canonizzazione del nostro Cura Brochero, già nominato Patrono del clero argentino. Quanti momenti forti e proficui abbiamo vissuto!”.
Dopo una riflessione sulla figura di Maria come maestra nell’atteggiamento di vigilanza dinanzi ai bisogni dei figli, Mons. Arancedo, che è il successore alla presidenza Cea dell’allora Card. Jorge Bergoglio (Papa Francesco), ha proseguito: “La sua vicinanza e la sua sensibilità è anche una scuola che ci insegna a riconoscere le necessità materiali e spirituali dei nostri fratelli, specialmente i più bisognosi. Conosciamo la realtà della povertà e le difficoltà in cui molti dei nostri fratelli vivono. Sappiamo che la situazione sociale rimane difficile, soprattutto per la piaga del traffico di droga con le sue conseguenze di distruzione e morte”.
“Questo debito sociale – incalza il 76enne arcivescovo natio si Buenos Aires – richiede delle azioni che rispondano alle esigenze di base, come la creazione di posti di lavoro dignitosi, che insieme all’istruzione e alla formazione, promuovano ed incoraggino dei progetti di vita, soprattutto nei giovani”.
Infine, il Presidente della Cea ha aggiunto: “Per realizzare una società più giusta ed inclusiva, è richiesto, insieme alla presenza attiva dello Stato, l’impegno di una leadership in grado di lasciare una cultura individualistica chiusa nel proprio interesse, per aprirsi alle esigenze della solidarietà e del bene comune. La povertà non è solo una questione economica, è anche una questione morale e culturale”, ha concluso.