L’appello di Francesco: “Promuovere un’alleanza tra generazioni”

Papa Francesco Angelus

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Un momento di familiarità e condivisione, dalla finestra che affaccia su Piazza San Pietro e dalla quale, come ogni domenica, Papa Francesco ha recitato la preghiera dell’Angelus: “Oggi, mentre molti giovani si apprestano a partire per la Giornata Mondiale della Gioventù, si celebra la Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani. Per questo sono accanto a me un giovane e una nonna: il nipote e la nonna”. Un simbolo della “vicinanza tra le due Giornate” e, al contempo, un invito “a promuovere un’alleanza tra le generazioni, di cui c’è tanto bisogno, perché il futuro si costruisce insieme, nella condivisione di esperienze e nella cura reciproca tra i giovani e gli anziani”.

Il Papa: “Vicinanza e impegno per chi soffre”

Dal Santo Padre, arriva anche un segno di vicinanza alle popolazioni dei Paesi colpiti da eventi climatici estremi. “Da una parte varie regioni sono interessate da ondate anomale di caldo e colpite da devastanti incendi. Dall’altra, in non pochi luoghi vi sono nubifragi e inondazioni, come quelle che hanno flagellato nei giorni scorsi la Corea del Sud. Sono vicino a quanti soffrono e a coloro che stanno assistendo le vittime e gli sfollati. E, per favore, rinnovo il mio appello ai responsabili delle Nazioni, perché si faccia qualcosa di più concreto per limitare le emissioni inquinanti. È una sfida urgente e non si può rimandare, riguarda tutti”.

“No al Mediterraneo teatro di morte”

Un richiamo anche sul dramma “che continua a consumarsi per i migranti nella parte settentrionale dell’Africa. Migliaia di essi, tra indicibili sofferenze, da settimane sono intrappolati e abbandonati in aree desertiche. Rivolgo il mio appello, in particolare ai capi di Stato e di Governo europei e africani, affinché si presti urgente soccorso e assistenza a questi fratelli e sorelle. Il Mediterraneo non sia mai più teatro di morte e di disumanità”.

L’Angelus di Papa Francesco

Il Vangelo oggi ci offre la parabola del grano e della zizzania (cfr Mt 13,24-43). Un agricoltore, che ha sparso del buon seme nel suo campo, scopre che un nemico di notte vi ha seminato zizzania, una pianta dall’aspetto molto simile al grano, ma infestante.

In questo modo Gesù parla del nostro mondo, che in effetti è come un grande campo, dove Dio semina grano e il maligno zizzania, e perciò crescono insieme bene e male. Il bene e il male crescono insieme. Lo vediamo dalle cronache, nella società, e anche in famiglia e nella Chiesa. E quando, assieme al buon grano, scorgiamo erbe cattive, ci viene voglia di strapparle via subito, di fare “piazza pulita”. Ma il Signore oggi ci avverte che è una tentazione fare questo: non si può creare un mondo perfetto e non si può fare il bene distruggendo sbrigativamente ciò che non va, perché questo sortisce effetti peggiori: si finisce – come si dice – col “gettar via il bambino insieme all’acqua sporca”.

C’è però un secondo campo dove possiamo fare pulizia: il campo del nostro cuore, l’unico su cui possiamo intervenire direttamente. Anche lì ci sono grano e zizzania, anzi è proprio da lì che tutt’e due si espandono nel grande campo del mondo. Fratelli e sorelle, il nostro cuore, infatti, è il campo della libertà: non è un laboratorio asettico, ma uno spazio aperto e perciò vulnerabile. Per coltivarlo come si deve, bisogna da una parte prendersi cura con costanza dei delicati germogli del bene, dall’altra individuare e sradicare le piante infestanti, nel momento giusto.

Allora guardiamoci dentro ed esaminiamo un po’ ciò che succede, cosa sta crescendo in me, cosa cresce in me di bene e di male. C’è un bel metodo per farlo: quello che si chiama l’esame di coscienza, che è vedere cosa è successo oggi nella mia vita, cosa ha colpito il mio cuore e quali decisioni ho preso. E questo serve proprio a verificare, alla luce di Dio, dove ci sono le erbe cattive e dove il seme buono.

Dopo il campo del mondo e il campo del cuore c’è un terzo campo. Lo possiamo chiamare il campo del vicino. Sono le persone che frequentiamo ogni giorno e che spesso giudichiamo. Come ci è facile riconoscere la loro zizzania, come ci piace “spellare” gli altri! E quanto è difficile invece sapervi vedere il buon grano che cresce! Ricordiamoci però che, se vogliamo coltivare i campi della vita, è importante ricercare anzitutto l’opera di Dio: imparare a vedere negli altri, nel mondo e in sé stessi la bellezza di quanto il Signore ha seminato, il grano baciato dal sole con le sue spighe dorate.

Fratelli e sorelle, chiediamo la grazia di saperlo scorgere in noi, ma anche negli altri, cominciando da chi ci sta vicino. Non è uno sguardo ingenuo, è uno sguardo credente, perché Dio, agricoltore del grande campo del mondo, ama vedere il bene e farlo crescere fino a fare della mietitura una festa!

Allora anche oggi possiamo porci alcune domande. Pensando al campo del mondo: so vincere la tentazione di “fare di ogni erba un fascio”, di fare piazza pulita degli altri con i miei giudizi? Poi, pensando al campo del cuore: sono onesto nel ricercare in me le piante cattive e deciso nel gettarle nel fuoco della misericordia di Dio? E, pensando al campo del vicino: ho la sapienza di vedere ciò che è buono senza scoraggiarmi per i limiti e le lentezze altrui?

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