“Stiamo lavorando per la pace, per fermare la guerra e sicuramente dobbiamo usare tutti i mezzi per questo. Aspettiamo, che anche a livello diplomatico ed internazionale, si arrivi ad un accordo”. Lo ha detto Sua Beatitudine Svjatoslav Shevchuk, arcivescovo di Kiev, nel corso di una conferenza stampa dal tema “Le sfide pastorali della Chiesa ucraina greco-cattolica nel contesto di guerra”. Shevchuk ha addirittura invitato il Papa “a visitare l’Ucraina” aggiungendo che questo sarebbe un “passo profetico”. Le dimensioni del conflitto, è stato osservato, sono divenute preoccupanti, con almeno un milione di profughi e 600 mila persone che cercano rifugio in altri Stati. Il Pontefice, ha spiegato Sua Beatitudine Shevchuk, ha voluto che i vescovi di Donetsk e della Crimea riferissero la loro quotidianità, che non è quella “di fare politica” bensì di “essere a fianco del nostro popolo, sentire l’odore delle nostre pecore”.
“In questa situazione di guerra non soltanto il corpo è quello che soffre – ha sottolineato Shevchuk – ma soffre anche l’anima: tutti quanti siamo feriti pure psicologicamente. L’esperienza delle altre zone di conflitto ci riferisce che questa sindrome post-traumatica uccide e lo fa anche dopo la fine degli scontri militari propriamente detti”. Inoltre “molta gente che ha sofferto di questo fenomeno comincia ad usare alcol, droghe, commette suicidi. Bisogna curare le anime. Bisogna cercare veramente una medicina per salvare non soltanto quelli che sono feriti sul campo di battaglia, ma anche quelli che soffrono questa ferita psicologica come risultato della guerra”. Sua Beatitudine Shevchuk ha infine auspicato la mediazione del Consiglio Mondiale delle Chiese al fine di “far cadere i pregiudizi e certe ‘immagini false’”. Gli incontri personali, infatti, “fanno cadere i muri”, come insegnato da Giovanni Paolo II.