Papa Francesco ha presieduto, nella Basilica Vaticana, la solenne Veglia Pasquale nella Notte Santa. Il Rito ha inizio nell’atrio della Basilica di San Pietro con la benedizione del fuoco e la preparazione del cero pasquale.
Alla processione verso l’Altare, con il cero pasquale acceso e il canto dell’Exultet, ha fatto seguito la Liturgia della Parola e la Liturgia Battesimale, nel corso della quale il Papa ha amministrato i Sacramenti dell’iniziazione cristiana a 8 neofiti. Pubblichiamo di seguito l’Omelia che il Santo Padre ha pronunciato dopo la proclamazione del Vangelo.
L’omelia di Papa Francesco nella solenne Veglia Pasquale
Le donne vanno al sepolcro alle prime luci dell’alba, ma dentro di sé conservano il buio della notte. Pur essendo in cammino, sono ancora ferme: il loro cuore è rimasto ai piedi della croce. Annebbiate dalle lacrime del Venerdì Santo, sono paralizzate dal dolore, rinchiuse nella sensazione che ormai sia tutto finito, che sopra la vicenda di Gesù sia stata messa una pietra. Proprio la pietra è al centro dei loro pensieri. Si chiedono infatti: «Chi ci farà rotolare via la pietra dall’ingresso del sepolcro?» (Mc 16,3). Quando arrivano sul luogo, però, la sorprendente potenza della Pasqua le sconvolge: «alzando lo sguardo – dice il testo – osservarono che la pietra era già stata fatta rotolare, benché fosse molto grande» (Mc 16,4). Fermiamoci su questi due momenti, che ci portano alla gioia inaudita della Pasqua: prima le donne si chiedono angosciate chi farà rotolare via la pietra; poi, alzando lo sguardo, vedono che essa è già stata fatta rotolare.
Anzitutto c’è la domanda che assilla il loro cuore spezzato dal dolore: chi ci farà rotolare via la pietra dal sepolcro? Quella pietra rappresentava la fine della storia di Gesù, sepolta nella notte della morte. Lui, la vita venuta nel mondo, è stato ucciso; Lui, che ha manifestato l’amore misericordioso del Padre, non ha ricevuto pietà; Lui, che ha sollevato i peccatori dal peso della condanna, è stato condannato alla croce. Il Principe della pace, che aveva liberato un’adultera dalla furia violenta delle pietre, giace sepolto dietro una grossa pietra. Quel masso, ostacolo insormontabile, era il simbolo di ciò che le donne portavano nel cuore, il capolinea della loro speranza: contro di esso tutto si era infranto, con il mistero oscuro di un tragico dolore che aveva impedito ai loro sogni di realizzarsi.
Fratelli e sorelle, questo può accadere anche a noi. A volte sentiamo che una pietra tombale è stata pesantemente poggiata all’ingresso del nostro cuore, soffocando la vita, spegnando la fiducia, imprigionandoci nel sepolcro delle paure e delle amarezze, bloccando la via verso la gioia e la speranza. Sono “macigni della morte” e li incontriamo, lungo il cammino, in tutte quelle esperienze e situazioni che ci rubano l’entusiasmo e la forza di andare avanti: nelle sofferenze che ci toccano e nelle morti delle persone care, che lasciano in noi vuoti incolmabili; nei fallimenti e nelle paure che ci impediscono di compiere quanto di buono abbiamo a cuore; in tutte le chiusure che frenano i nostri slanci di generosità e non ci permettono di aprirci all’amore; nei muri di gomma dell’egoismo e dell’indifferenza, che respingono l’impegno a costruire città e società più giuste e a misura d’uomo; in tutti gli aneliti di pace spezzati dalla crudeltà dell’odio e dalla ferocia della guerra.
Quando sperimentiamo queste delusioni, abbiamo la sensazione che tanti sogni siano destinati ad essere infranti e anche noi ci chiediamo angosciati: chi ci rotolerà la pietra dal sepolcro? Eppure, quelle stesse donne che avevano il buio nel cuore ci testimoniano qualcosa di straordinario: alzando lo sguardo, osservarono che la pietra era già stata fatta rotolare, benché fosse molto grande. Ecco la Pasqua di Cristo, ecco la forza di Dio: la vittoria della vita sulla morte, il trionfo della luce sulle tenebre, la rinascita della speranza dentro le macerie del fallimento. È il Signore, Dio dell’impossibile che, per sempre, ha rotolato via la pietra e ha cominciato ad aprire i nostri sepolcri, perché la speranza non abbia fine. Verso di Lui, allora, anche noi dobbiamo alzare lo sguardo.
Alziamo lo sguardo a Gesù: Egli, dopo aver assunto la nostra umanità, è disceso negli abissi della morte e li ha attraversati con la potenza della sua vita divina, aprendo uno squarcio infinito di luce per ciascuno di noi. Risuscitato dal Padre nella sua, nella nostra carne con la forza dello Spirito Santo, ha aperto una pagina nuova per il genere umano. Da quel momento, se ci lasciamo prendere per mano da Gesù, nessuna esperienza di fallimento e di dolore, per quanto ci ferisca, può avere l’ultima parola sul senso e sul destino della nostra vita. Da quel momento, se ci lasciamo afferrare dal Risorto, nessuna sconfitta, nessuna sofferenza, nessuna morte potranno arrestare il nostro cammino verso la pienezza della vita. Da quel momento, «noi cristiani diciamo che questa storia … ha un senso, un senso che abbraccia ogni cosa, un senso che non è più contaminato da assurdità e oscurità … un senso che noi chiamiamo Dio … Verso di lui confluiscono tutte le acque della nostra trasformazione; esse non sprofondano negli abissi del nulla e dell’assurdità … poiché il suo sepolcro è vuoto e lui, che era morto, si è mostrato come il vivente» (K. RAHNER, Che cos’è la risurrezione? Meditazioni sul Venerdì santo e sulla Pasqua, Brescia 2005, 33-35).
Fratelli e sorelle, Gesù è la nostra Pasqua, Colui che ci fa passare dal buio alla luce, che si è legato a noi per sempre e ci salva dai baratri del peccato e della morte, attirandoci nell’impeto luminoso del perdono e della vita eterna. Alziamo lo sguardo a Lui, accogliamo Gesù, Dio della vita, nelle nostre vite, rinnoviamogli oggi il nostro “sì” e nessun macigno potrà soffocarci il cuore, nessuna tomba potrà rinchiudere la gioia di vivere, nessun fallimento potrà relegarci nella disperazione. Alziamo lo sguardo a Lui e chiediamogli che la potenza della sua risurrezione rotoli via i massi che ci opprimono l’anima. Alziamo lo sguardo a Lui, il Risorto, e camminiamo nella certezza che sul fondo oscuro delle nostre attese e delle nostre morti è già presente la vita eterna che Egli è venuto a portare. Sorella, fratello, esploda di giubilo il tuo cuore in questa notte santa! Insieme cantiamo la risurrezione di Gesù: «Cantatelo, contrade lontane, fiumi e pianure, deserti e montagne … cantate il Signore della vita che sorge dalla tomba, più splendente di mille soli. Popoli spezzati dal male e percossi dall’ingiustizia, popoli senza luogo, popoli martiri, allontanate in questa notte i cantori della disperazione. L’uomo dei dolori non è più in prigione: ha aperto una breccia nel muro, si affretta a venire presso di voi. Nasca nel buio il grido inatteso: è vivo, è risorto! E voi, fratelli e sorelle, piccoli e grandi … voi nella fatica del vivere, voi che vi sentite indegni di cantare … una fiamma nuova traversi il vostro cuore, una freschezza nuova pervada la vostra voce. È la Pasqua del Signore, è la festa dei viventi» (J-Y. QUELLEC, Dieu face nord, Ottignies 1998, 85-86)