“Siamo molto preoccupati delle violenze e della guerra che hanno scosso il Medio Oriente in particolare la Siria, l’Iraq e l’Egitto. Il nostro è un nuovo grido di allarme rivolto alla comunità internazionale: pensate alla nostra sopravvivenza”. Così il Patriarca di Antiochia dei Siri, Sua Beatitudine Ignace Joseph III Younan, membro del Consiglio dei Patriarchi cattolici d’Oriente, conclude la sua assemblea a Dimane, in Libano, dopo due anni di pausa proprio a causa della guerra e dell’insicurezza.
Ancora violenze
Come riporta la Radio Vaticana, i Patriarchi discutono della complessa situazione che si ritrovano a vivere le comunità cristiane autoctone in molte parti del Medio Oriente, problemi pastorali e emergenze politiche e sociali. Il capo della Chiesa Sira Cattolica racconta di una comunità cattolica che in alcune zone del Paese vive in un sorta di “tunnel. Non vediamo la fine delle violenze, degli islamisti e di diversi gruppi armati, ma anche dello sfruttamento di politiche opportunistiche internazionali, che considerano l’area mediorientale solo un ‘luogo di interessi’ economici e strategici”. Sua Beatudine denuncia chiaramente: “I cristiani fuggono e non tornano, specie se si tratta di giovani, perché minacciati nelle fede e nei diritti umani e civili”.
La risposta della Chiesa
Come pastori, afferma, “tutti i Patriarchi stanno svolgendo un’opera di sostegno e di tutela. Comprendiamo le paure e i dubbi della gente, afferma, e restiamo al loro fianco garantendo il massimo impegno locale e mondiale, ma anche incoraggiando tutti a continuare ad essere testimoni di pace e di speranza”. Inoltre, si legge ancora sul sito della “radio del Papa”, all’attenzione del Consiglio c’è anche la situazione critica che vive il Libano per la questione del sovraffollamento dei profughi per lo più siriani che lì hanno trovato rifugio. I Patriarchi si uniscono ai Vescovi del luogo dicendo di essere “preoccupati per il delicato equilibrio nel Paese dei Cedri: servono soluzioni che rispettino lo stato di chi è costretto a fuggire, ma anche un piano globale a tutela del popolo libanese che predisponga il rientro nella propria patria dei profughi”.