Il dramma ignorato dei marittimi bloccati in Africa dalla pandemia. Appello della Chiesa per non dimenticare le loro sofferenze nell’emergenza Covid. A ciò si aggiunge che le coste dell’Africa occidentale sono le più insicure al mondo. Il 90% dei rapimenti marittimi avvengono ai danni di navi mercantili nel Golfo di Guinea.
Africa via mare
Il blocco del Canale di Suez, a causa dell’incagliamento di una gigantesca nave portacontainer, ha messo di fronte all’opinione pubblica l’importanza dei trasporti via mare. Oltre il 90% del commercio mondiale, riferisce l’agenzia missionaria vaticana Fides, avviene attraverso mari e oceani. Ancora meno conosciute sono le condizioni dei marinai che operano sulle navi cargo. I cui equipaggi sono messi a dura prova dalle misure di contenimento del Covid-19.
Blocco
Sos per il blocco imposto da diversi governi alle navi di attraccare nei propri porti. Nel tentativo di contenere la diffusione del Covid-19. “Più di 400.000 marittimi sono rimasti intrappolati sulle loro imbarcazioni. Per molto tempo dopo la scadenza del loro contratto originale”, avverte la Commissione cattolica internazionale delle migrazioni (Icmc). E aggiunge: “Molti stanno vivendo traumi gravi e problemi di salute mentale e fisica”.
Crisi
La crisi del cambio dell’equipaggio ha anche creato rischi di sfruttamento del lavoro. Poiché i marittimi sono costretti a continuare a lavorare in mare. Senza un contratto valido. E oltre il limite di 11 mesi in mare imposto dal diritto internazionale. I marittimi appena assunti in attesa di salire a bordo di una nave sono bloccati in alberghi e dormitori. Senza i mezzi per provvedere a se stessi. O alle loro famiglie.