Teheran ha ordinato l’interruzione dell’umra, il pellegrinaggio facoltativo, a differenza dell’Hajj che è obbligatorio almeno una volta nella vita – alla Mecca, la città santa musulmana situata in Arabia Saudita. Lo stop è la risposta del governo iraniano alle aggressioni di natura sessuale subite da due giovani connazionali ad opera di funzionari aeroportuali sauditi. Il bando ai viaggi a sfondo religioso è stato ordinato dallo stesso presidente dell’antica Persia Hassan Rouhani.
Il fatto in questione è avvenuto nel marzo scorso e presenta contorni poco chiari. All’inizio alcune organizzazioni iraniane avevano parlato di stupro ai danni dei due giovani che, atterrati a Jeddah, sarebbero stati separati dal resto della famiglia e violentati da alcuni ufficiali aeroportuali. Tuttavia, in un secondo momento, il governo ha corretto il tiro affermando che i due giovani avevano subito “molestie” sessuali.
Nei giorni scorsi i pellegrini iraniani hanno denunciato il blocco nel rilascio dei visti da parte dell’ambasciata a Teheran. Inoltre, due aerei che trasportavano pellegrini dalla capitale iraniana a Jeddah sono stati respinti dalle autorità saudite che non hanno concesso il permesso di atterrare. In risposta, centinaia di persone sono scese in strada nella capitale iraniana per protestare di fronte all’ambasciata dell’Arabia Saudita.
Il ministro iraniano della Cultura Ali Jannati ha dichiarato che “fino a quando queste persone colpevoli non saranno processate e punite, l’umra sarà bloccata e i voli dall’Iran sospesi”. La vicenda apre un nuovo fronte di scontro fra Teheran e Riyadh, oltre a quelle già aperte su Yemen e Siria – dove i due Paesi sostengono fazioni diverse tra sunniti e sciiti – e recherà gravi danni economici allo Stato saudita per il mancato introito turistico. Infatti, si calcola che ogni anno almeno 500 mila iraniani scelgano di pellegrinare nella città santa dell’islam.