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A piazza San Pietro la carezza di Wojtyla ad Anna

La grandezza di un personaggio storico si riconosce dai gesti apparentemente minori. CiĆ² vale in particolare per un pontificato come quello di Karol Wojtyla che ha costitutivamente unito il respiro globale della geopolitica all'attenzione pastorale alle sofferenze dell'umanitĆ .Ā Sabato si celebra il 30Ā° anniversario della caduta del Muro. La vigilia della storica ricorrenza, unā€™importante conferenza a Roma si propone di riannodare i fili della memoria collettiva ricostruendo il fondamentale ruolo di Karol Wojtyla nella fine della guerra fredda. Ā Lā€™occasione per ripercorrere le tappe piĆ¹ importanti del pontificato di Karol Wojtyla sarĆ Ā venerdƬĀ alle 18,30 la conferenza al Tennis Club Parioli (Roma, Largo Uberto De Morpurgo 2) per la Ā presentazione delĀ libroĀ ā€œChi ha paura di Giovanni Paolo II? Il Papa che ha cambiato la storia del mondoā€ (Rubbettino Editore, con la prefazione delĀ cardinale Stanisłao Dziwisz) alla quale interverranno ilĀ cardinale Edoardo Menichelli,Ā lo storico del cristianesimoĀ Andrea Riccardi, lā€™europarlamentareĀ Silvia Costa, il decano dei vaticanisti ed ex vicedirettore dellā€™Osservatore romano,Ā Gianfranco Svidercoschi. Con una testimonianza particolarmente commovente: per lā€™occasione don Aldo Buonaiuto, animatore del servizio anti-tratta della ComunitĆ  Giovanni XXIII e autore del saggio-reportage ā€œDonne Crocifisseā€ (Rubbettino, con prefazione di Papa Francesco), ricorderĆ  nel corso della conferenza uno dei gesti piĆ¹ significativi di Karol Wojtyla che durante il Giubileo, il 24 maggio 2000, abbracciĆ² in piazza San Pietro Anna, vittima nigeriana della tratta finalizzata alla prostituzione coattaĀ Anna, Otto mesi dopo Anna morƬ stroncata dall' Aids ad appena 32 anni all'ospedale Cotugno di Napoli.

Croce vivente

ā€œAnna ĆØ una delle croci viventi – racconta don Buonaiuto – Anna ĆØ morta di Hiv dopo aver ricevuto la carezza di Giovanni Paolo II nel Giubileo del 2000 accompagnata sul sagrato di San Pietro da don Oreste Benzi. La carezza del Papa arriva ancora oggi a tutte le nostre ā€œsorellineā€ che accogliamo ogni giorno. Quando scelsi Anna tra le decine di ragazze per il baciamano al Pontefice vidi illuminarsi i suoi occhi divenuti luminosi come le stelle che brillano in cielo quando preghiamo sui marciapiediā€.Ā Ā Il 24 maggio 2000 don Oreste Benzi, fondatore della ComunitĆ  Papa Giovanni XXIII, e don Aldo BuonaiutoĀ Ā accompagnarono Anna in udienza da papa Wojtyla, in piazza San Pietro, al Giubileo della Madonna della strada insieme ad altre 40 ragazze nigeriane, strappate dalla strada dallo stesso don Benzi. ā€œAnna Enonoja, giĆ  colpita dal male e consapevole che le restavano ancora pochi mesi di vita, al termine del raduno ebbe anche l' opportunitĆ  di parlare col Papa anche se era priva del necessario permesso: ci riuscƬ grazie a don Benzi che, per portarla da Wojtyla, implorĆ² gli addetti alla sicurezza pontificia perchĆ© sapeva che il destino della donna era ormai segnato a causa dell' Aids e che per lei poter parlare col Papa era molto importante – riferisce Repubblica -. E infatti l'udienza fu commovente. Anna, invece di parlare dei suoi problemi, raccontĆ² con le lacrime agli occhi a Giovanni Paolo II (che chiamĆ² papĆ ) i drammi delle immigrate costrette a prostituirsi. ā€œPapĆ  chiese la giovane nigeriana libera le ragazze sulla strada come me: io mi sono ammalata di Aids sulla strada. LƬ la vita ĆØ schifosa, ĆØ brutta, ĆØ dura… PapĆ , sulla strada ci sono molte giovani, ma anche tante bambine, libera le bambineā€. L' immagine di Wojtyla con la vittima della tratta fece subito il giro del mondo e diventĆ² una delle foto simbolo dell' Anno Santoā€. Il Pontefice raccontĆ² poi don Benzi ā€œdurante l' udienza le accarezzĆ² i capelli con commozione e lei gli baciĆ² le mani. Poi ci benedisse. Dissi al Santo Padre che quella ragazza rappresentava tutte le donne che hanno abbandonato la strada rischiando la propria vita e, le moltissime ragazze e bambine che ancora sono sulla strada e che ancora sono schiave dello sfruttamento della prostituzione in mano ai criminali senza scrupoliā€. Dopo l'udienza, il ricovero in ospedale, dove don Benzi e don Buonaiuto andarono a trovarla piĆ¹ volte. ā€œLa vicenda di Anna – disse don Benzi, il cui processo di beatificazione si ĆØ appena concluso nella diocesi di Rimini – ĆØ una denuncia per chi permette che in Italia ci siano ancora 50 mila ragazze (di cui 20 mila nigeriane) schiave del racket. E' una vergogna. Spero solo che il suo sacrificio non sia stato vanoā€..

Oltre cortina

VenerdƬ si approfondirĆ  sia la dimensione umana e pastorale del pontificato di Giovanni Paolo II sia la sua incidenza geopolitica sulla storia del Novecento.Ā I fatti del 1989,Ā rileggendoli oggi, trentā€™anni dopo, Ā avevano colto di sorpresa tutti. Erano arrivati allā€™improvviso, anzi, proprio per i loro sviluppiĀ incruenti, in modo inatteso, inaspettato. Incredulo lā€™Occidente. Presi in contropiede, sconvolti, i dirigenti dellā€™Urss.Ā Ā Il cardinale Edoardo Menichelli, per molti anni in Curia accanto al ministro degli Esteri vaticano e protagonista della ostpolitik pontificia Achille Silvestrini, analizzerĆ  nella sua relazione il contributo di Karol Wojtyla alla riforma e alla modernizzazione della Chiesa sotto il profilo pastorale, il fondatore della ComunitĆ  di Santā€™Egidio approfondirĆ  il ruolo geopolitico del pontificato di Giovanni Paolo II raccontando anche gli incontri tra il Pontefice e Santā€™Egidio a partire dal primo, subito dopo lā€™elezione al Soglio di Pietro, in una parrocchia del popolare quartiere romano di Garbatella, mentre Silvia Costa parlerĆ  della particolare sollecitudine del Papa canonizzato da Jorge Mario Bergoglio per lā€™universo femminile. ā€œIl 1989 aveva avuto una lunga gestazione – spiega Svidercoschi -.Una gestazione sotterranea, come un fiume carsico. Avviata dallā€™Atto finale di Helsinki nel 1975. Mosca aveva ottenuto quel che voleva: lā€™inviolabilitĆ  delle frontiere, quindi la riconferma della divisione dellā€™Europa in due, come aveva preteso Stalin a Yalta. Ma da Helsinki era anche uscito il sostegno alla causa dei diritti umani, al rispetto delle libertĆ  individuali e collettive, compresa la libertĆ  religiosaā€. E, tutto questo, aveva aperto unaĀ crepaĀ nellā€™impero sovietico: una fenditura che, allargandosi sempre piĆ¹, aveva corroso dallā€™interno lā€™ideologia marxista. Osserva Svidercoschi, chi se non un autentico ā€œfiglioā€ del Concilio, con la sua memoria storica, con il suo messianismo tipicamente slavo, e con lā€™ansia che si portava dentro allā€™avvicinarsi del passaggio di millennio, chi se non uno come Karol Wojtyla – Giovanni Paolo II avrebbe sentito cosƬ intensamente lā€™esigenza di unaĀ profonda purificazione da parte della Chiesa? Nella indizione delĀ Grande Giubileo del 2000, c'era tutto il suo progetto: quello di una Chiesa trinitaria, cioĆ© di un insieme armonico di unita e molteplicitĆ , di identitĆ  e diversitĆ ; una Chiesa piu spirituale, piĆ¹ evangelica, perchĆ© centrata sul primato della parola di Dio; una Chiesa piĆ¹ carismatica, piĆ¹ laicale, e meno istituzionale, meno gerarchica, meno clericale; una Chiesa maestra ma anche madre, anche misericordiosa, piĆ¹ rispettosa della coscienza del singolo credente, e non piĆ¹ dominata dal moralismo, da una vita cristiana caricata fondamentalmente di divieti, di pesi inutili; una Chiesa autenticamenteĀ universale, con un progressivo spostamento del baricentro verso il sud del mondo, lā€™Africa, lā€™Asia, lā€™America Latina, ma anche con una nuova attenzione ai Paesi dellā€™Occidente sempre piĆ¹ secolarizzati,Ā scristianizzati.

Lā€™albero si riconosce dai frutti

“SƬ, certo, cā€™erano stati anche errori, cosƬĀ come cā€™erano stati ritardi, omissioni, evidenzia Svidercoschi. Come lā€™aver lasciato (o lā€™essere stato obbligato a lasciare, lui che veniva da ā€œfuoriā€ e aveva incontrato subito una forte diffidenza) troppo spazio e troppa autoritĆ  alla Curia romana. O lā€™aver tardato (forse perchĆ© poco o male informato) ad affrontare la gravissima questione dei preti pedofili, fin dal primo momento in cui era scoppiata alla superficie. O a causa di certe nomine e di certe decisioni, non sempre trasparenti, negli ultimi mesi di pontificato, quando la malattia di Wojtyla si andava aggravando, e forse, di conseguenza, anche la sua presenza era meno incisiva (e qualcuno, dei maggiori collaboratori attorno a lui, se ne era approfittato)ā€. E, comunque, tutto questo niente toglie allaĀ grandezza di un PapaĀ che aveva cominciato il suo ministero con un invito allā€™audacia della fede, ossia a vivere la fede nella societĆ  contemporanea senzaĀ paure, senza complessi; e a guardare la storia con gli occhi stessi di Dio: quelli della misericordia, della pace, della giustizia, della fraternitĆ  universale. Un Papa che aveva realizzato concretamente, portandole ancora piĆ¹ avanti, molte delle nuove prospettive aperte dal Concilio: la Chiesa come popolo di Dio, la libertĆ  religiosa e i diritti umani, le relazioni con lā€™ebraismo, con lā€™Islam, e le tematiche sociali dellaĀ Gaudium et spes,Ā dalla difesa della famiglia al ripudio totale della guerra. Il primo Papa a entrare in una sinagoga, in una moschea. Il primo Papa a riunire i rappresentanti diĀ tutte le Chiese e le religioniĀ a pregare per laĀ pace. Il primo Papa a ā€œinventarsiā€ le giornate mondiali della gioventĆ¹. ā€œAllora, come si fa a dimenticare un Papa cosi? Come si fa a dimenticare un pontificato che ha cambiato la storia della Chiesa e del mondo?ā€, domanda Svidercoschi.

La preparazione della svolta

Nello stesso tempo, il 1989 aveva avuto anche una preparazione, per cosƬĀ dire, visibile, alla luce del sole. Cā€™era stata la rivoluzione ungherese (1956) e la Primavera di Praga (1968), ambedue soffocate tragicamente nelĀ sangue. Ma poi, dallā€™inizio degli anni Settanta, il dissenso era spuntato un poā€™ in tutto lā€™Est europeo, anche se in forme e modalitĆ  assai differenti. In Cecoslovacchia, era nata Charta 77, una protesta di Ć©lite, di circoli intellettuali. Mentre, in Polonia, il contrasto si era via via trasformato in un movimento di popolo. In Polonia, appunto. ā€œUn Paese con una popolazione a grande maggioranza cattolica. E dove laĀ Chiesa, forte, compatta, aveva un profondo radicamento in tutti i settori sociali – puntualizza Svidercoschi -. Nel 1956, a Poznań, cā€™era stata la prima delle ā€œpiccole rivoluzioniā€, come le chiamava il primate, il cardinale Stefan Wyszyński; ma, pilotata da ambienti revisionisti, ancora interna al sistema, era finita nel nulla. Nel 1968, a rivoltarsi erano stati intellettuali e studentiā€. Nel 1970, sul Baltico, la prima veraĀ rivolta operaia,Ā i primi sindacati clandestini. Nel 1976, a Radom e Ursus, erano di nuovo scesi in piazza i lavoratori, ma stavolta con lā€™appoggio degli altri gruppi sociali: da quella inedita solidarietĆ , quattro anni dopo, sarebbe nato ilĀ primo sindacato liberoĀ nellā€™impero comunista.

Il riconoscimento di Gorbaciov

Intanto, perĆ², cā€™era stato un evento straordinario: il 16 ottobre del 1978 dal Conclave era uscito eletto ilĀ cardinale Karol Wojtyla, arcivescovo di Cracovia.Ā Il primo Papa non italiano, dopo 456 anni. Un Papa che veniva dallā€™altra parte della cortina di ferro. ā€œEd e qui che la storia aveva avuto un soprassalto – afferma Svidercoschi -. PerchĆ©, proprio grazie a chi in quel momento sedeva sulla cattedra di Pietro, Solidarność prima aveva resistito alla repressione, e poi era diventato lā€™apripista del grande cambiamento in senso democratico allā€™Estā€. ScriverĆ  Enzo Bettiza: ā€œIl comunismo ĆØ morto di comunismo, il moloch ha divorato se stessoā€. Ma era stata la Polonia, ā€œprotettaā€ dal suo Papa. a dare ilĀ colpo del ko al regime marxista, ad accelerarne il tracollo, il definitivo fallimento. Lo aveva riconosciuto ancheĀ Michail Gorbaciov, arrivato in Vaticano nel dicembre del 1989: ā€œTutto ciĆ² che ĆØĀ successo nellā€™Europa orientale in questi ultimi anni non sarebbe stato possibile senza la presenza di questo Papa, senza il grande ruolo, anche politico, che lui ha saputo giocare sulla scena mondialeā€. A questo punto, viene quasi naturale porsi una domanda. ā€œMa se invece di un Papa polacco, e dunque un pontefice con quella provenienza, con quella biografia, con quella esperienza, ci fosse stato un Papa arrivato da un altro Paese comunista, ad esempio, diciamo, ungherese, oppure cecoslovacco, o tedesco-orientale, ebbene, la caduta del Muro e il tramonto del marxismo, sarebbero avvenuti in tempi cosƬ incredibilmente brevi? E senza contrasti, senza gravi contraccolpi e, soprattutto, senza spargimenti di sangue?ā€ si chiede Svidercoschi. E ancora. E se quel 13 maggio Ali Ağca avesse mirato piu ā€œgiustoā€ di come aveva tentato di fare e, molto probabilmente, di come gli avevano ordinato di fare . ā€œMa lei perchĆ© non e morto?ā€, chiese a Giovanni Paolo II andato a trovarlo in carcere.

“Tutto puĆ² cambiare”

Ā ā€œEbbene, se quei colpi fossero arrivati a segno, laĀ storia dellā€™Europa, ma anche quella del mondo intero, sarebbero andate nel modo in cui sono andate? – aggiunge Svidercoschi – Infatti, oltre che per la riunificazione dellā€™Europa, lā€™azione svolta da Papa Wojtyla si era sviluppata suĀ vari fronti. Era stata determinante per il ritorno di molti Paesi latino-americani alla democrazia, per ridare voce e dignitĆ  ai popoli del Sud, e forse addirittura, al tempo dei conflitti del Golfo, per evitare una spaventosa guerra di civiltĆ ā€. I suoi viaggi avevano fatto sƬ che la Chiesa, con una crescente autorevolezza morale, fosse piĆ¹ vicina al mondo, e il mondo, a sua volta, piĆ¹ vicino alla Chiesa. E spesso, nei momenti di crisi dellā€™umanitĆ , con i ā€œgrandiā€ della Terra pavidi e silenziosi, era stato soltanto lui, Wojtyla, a parlare, a intervenire, a denunciare. Soltanto lui a testimoniare la speranza in unĀ futuro che poteva essere diverso, nel segno dellaĀ pace, dellaĀ giustizia.Ā ā€œTutto puĆ² cambiareā€, ripeteva di continuo. ā€œSi, noi possiamo cambiare il corso degli eventiā€. Allora, come si fa a dimenticare un Papa cosƬ? ā€œPer Karol Wojtyla, da vescovo, il Concilio Vaticano II era stato unā€™esperienza straordinaria – sottolinea il decano dei vaticanisti che al Concilio fu inviato per lā€™Ansa -. Anzitutto, aveva rappresentato una grande scuola di approfondimento dottrinale, anche per il confronto con le nuove tendenze teologiche, e di aggiornamento pastoraleā€.

Con il Vangelo in mano

Non solo. “Attraverso il dibattito conciliare, monsignor Wojtyla aveva ritrovato, e quindi maturato, molte delle questioni che aveva affrontato nel suo ministero episcopale a Cracovia. Come ilĀ rinnovamento liturgico, lā€™ecumenismo, i rapporti con lā€™ebraismo,Ā una piĆ¹ attiva partecipazione della Chiesa – aggiunge Svidercoschi -. Per non parlare dellaĀ libertĆ  religiosa, un problema profondamente avvertito in un Paese oppresso da due totalitarismi, lā€™uno dopo lā€™altro, quello nazista e quello comunista. Il Concilio, insomma, era stato una svolta per il giovane arcivescovo”. Da lƬ, infatti, era partito, con un sinodo diocesano, per riplasmare la vita della comunitĆ  ecclesiale di Cracovia. E da lƬ, diventato Papa, si era ispirato per quelle che sarebbero diventate tra le maggiori caratteristiche del suo pontificato: unĀ nuovo umanesimo, con la riaffermazione della centralitĆ  della persona in una visione fortementeĀ cristocentrica; eĀ lā€™apertura, con il Vangelo in mano, al mondo,Ā per ristabilire un dialogo depurato ormai da ogni pretesa di integralismo, ma anche per rivendicare il rispetto dei diritti e delle libertĆ  fondamentali dellā€™uomo, di ogni uomo.

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