Un convegno su Giovanni Paolo II e la benedizione del luogo sulle Dolomiti bellunesi in cui sarà issata la croce astile più alta al mondo. Queste, riferisce LaPresse, le due iniziative che a Cortina d'Ampezzo, mercoledì e giovedì prossimi, 17 e 18 luglio, avranno come filo conduttore la memoria di un santo, Giovanni Paolo II, e il suo apostolato nel mondo. Un Papa passato alla storia anche per la sua forte passione per la montagna, le lunghe e impegnative passeggiate estive in montagna e per le discese con gli sci in inverno al punto che il convegno è dedicato proprio alla figura di Giovanni Paolo II, Papa sportivo. Ed è lo stesso Papa Wojtyla ad esser raffigurato, quale ultima scultura con una mano protesa verso Dio in cielo, nella croce astile che egli stesso aveva voluto per rendere omaggio alla città di Roma e che è poi stata dimenticata fino a quando il veronese Mirko Zanini l'ha riscoperta e acquistata per rendere omaggio alla comunità cortinese. Alta 18 metri e unica di questa misura, la croce è stata realizzata dallo scultore romano Andrea Trisciuzzi, che ne ha prodotte altre sette da 2,20 metri su indicazione di Giovanni Paolo II portate anche al Polo Nord, al Polo Sud e su vette alpine per ricordare il mandato di Gesù ai discepoli “Mi sarete testimoni fino agli estremi confini della terra”.
Lo sport come missione
Simbolo del cristianesimo, la croce ricorda il sacrificio di Gesù e, soprattutto nelle processioni, sormonta un'asta retta da chi apre il corteo di fedeli. Alla base della croce astile, che verrà collocata sulle Dolomiti bellunesi, é scolpita una figura umana ripiegata su se stessa e sullo stelo figure di uomini si arrampicano verso Cristo: un particolare interpretazione del dolore e dell'incontro di persone che alleviano e spartiscono il peso della sofferenza. La croce astile, ricostruisce LaPresse, era da anni dimenticata in uno scantinato e grazie all’intraprendenza di Mirko Zanini, titolare assieme alla famiglia del “Pepperone Restaurant Sport & Cafè e museo dello sport” di San Giovanni Lupatoto (Verona), dove al suo interno si possono ammirare alcune reliquie di San Giovanni Paolo II, è stata riportata alla luce del mondo. Un gesto di rispetto e condivisione sopratutto dell’amore che Papa Wojtyla nutriva verso i giovani, nel segno delle grandi operazioni di solidarietà della famiglia Zanini. “Giovanni Paolo II, Papa sportivo” è, invece, il titolo del convegno che inizierà alle 18 di mercoledì 17 luglio prossimo nella basilica minore di Cortina dedicata ai santi Filippo e Giacomo, moderato da don Maurizio Viviani, direttore del Museo diocesano di Verona.
Il cappellano delle Olimpiadi
Cinque i relatori che interverranno dopo i saluti del parroco della basilica, don Ivano Brambilla, del sindaco di Cortina, Giampietro Ghedina, e del sindaco di San Giovanni Lupatoto (Verona) Attilio Gastaldello. Monsignor Giuseppe Zenti, vescovo di Verona, parlerà di “Giovanni Paolo II, atleta di Dio, gigante dello spirito”; l’architetto Guido Rainaldi, responsabile della Sala Nervi del Vaticano, si soffermerà su “La scultura con il Papa amico Giovanni Paolo II”; Padre Augusto Chendi, direttore della pastorale della salute della Diocesi di Ferrara, analizzerà la guida del pontefice quale “coscienza critica per il mondo”; la campionessa olimpica Sara Simeoni ricorderà il suo incontro con Papa Wojtyla e, infine, il vescovo emerito di Fidenza, monsignor Carlo Mazza, cappellano della squadra italiana per ben sette Giochi olimpici, descriverà “Le mie Olimpiadi nel segno dello spirito di Giovanni Paolo II”. Karol Wojtyla ha cambiato per sempre la storia del mondo denunciando profeticamente i pericoli della globalizzazione.
Il rischio del mondialismo
Nel 1994 la Santa Sede alzò la voce alla conferenza internazionale dell’Onu sulla popolazione e lo sviluppo al Cairo. Come non ebbe esitazioni né timori a contrapporsi al comunismo e al capitalismo, allo stesso modo Karol Wojtyla puntò l’indice contro le croniche inefficienze e i drammatici errori di fondo delle organizzazioni internazionali. Il cardinale Renato Raffaele Martino, Osservatore permanente della Santa Sede all’Onu durante la conferenza del Cairo, ha raccontato quello snodo fondamentale del pontificato di Giovanni Paolo II nella memoria “La testimonianza della verità e il dialogo politico-diplomatico” pubblicata sul “Bollettino di Dottrina sociale della Chiesa” nel 2014. Racconta Martino: “In veste di nunzio apostolico presenziai sia alla conferenza al Cairo, la cui organizzazione fu affidata al controverso 'Fondo specializzato per la popolazione', sia alla conferenza sulle donne di Pechino che l’anno successivo ne mutuò in blocco le formulazioni sulla salute e sulla decostruzione della sessualità responsabile”. E cioè “dall’individuazione della categoria-chiave del gender all’idea stupefacente che solo i bambini realmente voluti hanno diritto a nascere”, oltre a “un sensibile passo indietro nel campo della libertà religiosa”. La Santa Sede riaffermò le profonde motivazioni del progetto biblico di Dio sull’uomo, che è un piano di bontà e di felicità, ribadendo l’immagine del divino che ogni uomo a ogni latitudine porta con sé e sulla natura fondamentalmente relazionale di ogni persona, quindi “il campo della sessualità rientra comunque nella sfera sociale, interpersonale e dunque pubblica dell’agire umano”.
Gli errori dell'Onu
Ma l’agenda programmatica della conferenza dell’Onu, appoggiata da Stati Uniti e Unione Europea, stabilì l’imposizione arbitraria di qualsiasi mezzo per il controllo delle nascite o pianificazione familiare. Per la Santa Sede si trattava di “un invito all’immoralità di massa e al libero crimine nel caso dei bambini già concepiti”. Giovanni Paolo II non esitò mai a prendere di petto le organizzazioni internazionali, così il 5 ottobre 1995, il giorno in cui viene annunciato il cessate il fuoco nella guerra in Bosnia Erzegovina, prese la parola all’Onu: “Nessuno , né uno Stato, né un'altra nazione, né un'organizzazione internazionale, è mai legittimato a ritenere che una singola nazione non sia degna di esistere”. E aggiunse: “Il mondo purtroppo deve ancora imparare a convivere con la diversità. Come i recenti eventi nei Balcani e nel centro Africa ci hanno dolorosamente ricordato. La risposta alla paura dell'altro non è la coercizione, né la repressione o l' imposizione di un unico modello sociale al mondo intero”. Karol Wojtyla non arretrò di un passo di fronte all’aggressione portata a termine dalla conferenza dell’Onu del Cairo contro il diritto alla vita.
La vera libertà
“La libertà non è semplicemente assenza di tirannia o di oppressione, né è licenza di fare tutto ciò che si vuole – disse Giovanni Paolo II dal podio dell'assemblea generale delle Nazioni Unite. La libertà possiede una “logica” interna che la qualifica e la nobilita: essa è ordinata alla verità e si realizza nella ricerca e nell'attuazione della verità. Staccata dalla verità della persona umana, essa scade, nella vita individuale, in licenza e, nella vita politica, nell'arbitrio dei più forti e in arroganza del potere. Perciò, lungi dall'essere una limitazione o una minaccia alla libertà, il riferimento alla verità sull'uomo, – verità universalmente conoscibile attraverso la legge morale inscritta nel cuore di ciascuno – è, in realtà, la garanzia del futuro della libertà”. Giovanni Paolo II era convinto della necessità di riformare in profondità l’Onu e in diversi. Nell'Angelus richiamò esplicitamente il personale diplomatico delle organizzazioni internazionali a cambiare strada sui temi bioetici. Nel Consiglio di sicurezza, per esempio, serve una migliore rappresentatività. “La composizione a 15 membri è stata ritoccata negli anni 60 e in mezzo secolo i membri delle Nazioni Unite sono arrivati a quasi duecento: la Santa Sede esorta a fare una riforma”, sottolinea il cardinale Martino. E quella di Wojtyla contro il mondialismo è stata “una illuminante strategia per l'azione, presente e futura, della Chiesa nella società, a partire dall'attenzione ai diritti umani e dalla proposta di un umanesimo integrale, aperto al trascendente”. Quello di Giovanni Paolo II è stato un attivismo morale più vigoroso di quello dei sui predecessori, teso a far accettare la legittimità della questione morale in seno ai dibattiti secolari. E, sottolinea il cardinale Martino, contro Karol Wojtyla “hanno agito potenti lobbies culturali, economiche e politiche mosse prevalentemente dal pregiudizio verso tutto quello che è cristiano: nuove sante inquisizioni piene di soldi e di arroganza perché contro la Chiesa cattolica e i cristiani ogni metodo è lecito se serve a zittirne la voce; dall'intimidazione al disprezzo pubblico, dalla discriminazione culturale all'emarginazione“. Ne è un esempio la “disinvolta e allegra maniera con cui queste lobbies promuovono tenacemente la confusione dei ruoli nell'identità di genere, sbeffeggiano il matrimonio tra uomo e donna, sparano addosso alla vita fatta oggetto delle più strampalate sperimentazioni”.