Questa mattina, nel Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza i Dirigenti e i Dipendenti dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) in occasione dei 125 anni dalla nascita.
Il discorso integrale del Santo Padre
Cari fratelli e sorelle, buongiorno! Vi do il benvenuto e ringrazio il Presidente per le sue cortesi parole. L’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale compie 125 anni e ha una storia importante. Non tutti i Paesi del mondo possono raccontare un’esperienza così preziosa al servizio dei lavoratori.
Il tema della previdenza è sempre più attuale. Da una parte, infatti, la società sembra aver smarrito l’orizzonte futuro: si è appiattita sul presente e interessa poco quello che potrà capitare alle future generazioni. Segni preoccupanti in tal senso sono la crisi ecologica e il debito pubblico che viene caricato sulle spalle dei figli e dei nipoti. La scelta della sostenibilità, invece, risponde al principio per cui è ingiusto affidare ai giovani pesi irreversibili e troppo gravosi. Dall’altra parte, la previdenza è una forma di welfare che tiene insieme le diverse generazioni tra loro. La meritata pensione di un lavoratore, infatti, si sostiene non solo grazie ai suoi anni di lavoro, ma anche sul fatto che c’è qualcuno che, attraverso la sua attività, sta pagando concretamente la pensione di altri.
Oggi @Pontifex_it riceverà una rappresentanza dei dipendenti #INPS. Dopo le notizie che nei giorni scorsi ci hanno tenuto particolarmente in apprensione, quest’occasione, nel clima della #Pasqua si carica di un significato ancora più alto, sia per i laici che per i credenti. pic.twitter.com/JA3qDsjfHK
— INPS (@INPS_it) April 3, 2023
In sostanza, un forte legame tra le generazioni è il presupposto perché la previdenza funzioni. Non va dimenticato che al sistema pensionistico contribuiscono anche lavoratori stranieri che non hanno ancora la cittadinanza italiana. Sarebbe un buon segno poter esprimere loro la gratitudine per quello che fanno. Anche la previdenza ci ricorda che «tutto è connesso» e che siamo interdipendenti gli uni dagli altri. La vita sociale sta in piedi grazie a reti comunitarie solidali. Il bene comune passa attraverso il lavoro quotidiano di milioni di persone che condividono il principio del legame solidale tra i lavoratori. Per questo, desidero rivolgere tre appelli per custodire una previdenza all’altezza delle sfide di società che, come quella italiana, stanno invecchiando sempre più.
Il primo appello è un no al lavoro nero. Sul momento, infatti, esso sembra portare benefici economici all’individuo, ma alla distanza non permette alle famiglie di contribuire e accedere secondo giustizia al sistema pensionistico. Il lavoro nero falsa il mercato del lavoro ed espone i lavoratori a forme di sfruttamento e di ingiustizia.
Il secondo appello è un no all’abuso del lavoro precario, che ha un impatto sulle scelte di vita dei giovani e talora costringe a lavorare anche quando le forze vengono meno. La precarietà dev’essere transitoria, non può protrarsi in eccesso; altrimenti, finisce per portare sfiducia, favorisce il rimando delle scelte di vita dei giovani, allontana l’ingresso nel sistema previdenziale e incrementa la denatalità.
Il terzo appello è un sì al lavoro dignitoso, che è sempre «libero, creativo, partecipativo e solidale» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 192). La previdenza è una forma di partecipazione al benessere proprio e degli altri. Mettere da parte risorse economiche e garantire l’accesso alla sanità sono beni preziosi che sanno tenere insieme le diverse stagioni della vita.
Conosciamo, infatti, una previdenza buona e una cattiva, che la Bibbia stessa descrive molto bene. È cattiva previdenza quella di chi pensa solo a sé stesso, come ci ricorda la parabola evangelica dell’uomo avaro (cfr Lc 12,16-21), che fa costruire magazzini sempre più grandi per raccogliere i suoi beni. Chi accumula solo per sé finisce per illudersi: «Riposati, mangia, bevi e divertiti» (v. 19), dice tra sé quell’uomo. Ma il Signore gli dice: «Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?» (v. 20). Non ha futuro chi si rinchiude nelle false sicurezze.
Buona previdenza, invece, è quella del patriarca Giuseppe che, divenuto governatore d’Egitto, si preoccupa di mettere da parte il grano negli anni dell’abbondanza per poter affrontare meglio il tempo della carestia. «Ci fu carestia in ogni paese – leggiamo nel Genesi – ma, in tutta la terra d’Egitto c’era il pane» (41,54). Giuseppe non solo confida nella Provvidenza di Dio e la riconosce, ma si mostra previdente per il bene del popolo. Sa guardare in avanti; immagina il bene anche quando il male sembra prevalere; si prende cura delle persone a lui affidate.
Abbiamo bisogno di politici saggi, guidati dal criterio della fraternità e che sanno fare discernimento tra stagione e stagione, evitando di sprecare le risorse quando ci sono e di lasciare le future generazioni in grave difficoltà.
Cari fratelli e sorelle, vi ringrazio per il servizio che fate a sostegno dei lavoratori e delle lavoratrici, per garantire assistenza alle persone disoccupate e in favore di chi è malato, infortunato o anziano. Auspico che continuiate a rendere concretamente possibile il diritto alla pensione, e soprattutto a far crescere nel tessuto italiano la cultura del bene comune, della previdenza e della sostenibilità, che per essere economica dev’essere anche sociale. Vi affido alla protezione di San Giuseppe. Il Signore vi benedica e la Madonna vi custodisca. E per favore, pregate per me. Grazie!