In palestra o in spiaggia steso a prendere il sole sulla riva di Playa Del Carmen. Così il latitante Ivan Fornari si pavoneggiava sui social. Certamente non aveva problemi economici: orologio da migliaia di euro al polso, giornate intere divise tra piscine, palestre, bar e ristoranti. Non era certo rintanato dentro un bunker. Più che un ricercato, il trentacinquenne di Cagliari viveva in Messico come un divo. Aveva tutto quello che desiderava, e lo esibiva su Facebook. Ogni giorno video e foto di lui che pompa i muscoli in palestra o che sorseggia un drink a bordo piscina, quasi a voler sfidare la polizia che da un anno gli dava la caccia.
Un profilo pubblico
Forse credeva che la giustizia italiana si fosse dimenticata di lui e che vivere in Messico gli avrebbe consentito di non finire in carcere. Ma è stata proprio la sua vanità e la sua smania di mostrare bicipiti e pettorali, nonché dai continui messaggi, anche video, indirizzati “amici in ascolto”, a tradirlo. Infatti, tra i tanti che sbirciavano il profilo del signor Fornari, che neanche aveva pensato di bloccare la visualizzazione pubblica dei suoi post, c’erano anche i poliziotti della Squadra Mobile di Cagliari. Grazie alle ricche gallerie fotografiche si sono scoperti molti indizi. Elementi che grazie all’Interpol sono stati consegnati alla polizia messicana. Gli agenti hanno individuato la casa e i luoghi in cui il latitante sardo trascorreva le giornate e le serate in compagnia di belle donne e amici.
L’arresto
Per accompagnarlo alla frontiera è bastato un semplice controllo dei documenti: Ivan Fornari, infatti, non era neanche in regola col permesso di soggiorno e così è stato caricato su un aereo e spedito in Italia. Ad attenderlo a Roma, davanti al portellone dell’aereo c’erano gli agenti della Squadra Mobile e così il trentacinquenne è stato trasferito nel carcere di Civitavecchia, dove ha iniziato a scontare la condanna.
Le accuse
A Selargius, cittadina dell’hinterland di Cagliari, Ivan Fornari aveva iniziato come pizzaiolo. Secondo la polizia, era entrato a far parte di un gruppo che faceva arrivare in Sardegna grossi quantitativi di droga dall’America Latina. Per questo si era beccato una condanna a cinque anni e sette mesi di carcere. Nell’elenco delle accuse, oltre a quella legata al traffico di stupefacenti, compaiono anche la ricettazione e la resistenza a pubblico ufficiale. Prima che la condanna diventasse definitiva, il trentacinquenne aveva pensato di fuggire dalla Sardegna e di sparire. Da maggio scorso era entrato a far parte dell’elenco dei latitanti.