Nemmeno il valore immenso e la straordinaria unicità insita in questo reperto archeologico ha fermato i vandali di Carpignano, in provincia di Lecce che, nella notte fra l’11 e il 12 aprile, hanno distrutto il lastrone di pietra superiore dell’antichissimo e originalissimo dolmen salentino di Santo Stefano, ritenuto uno degli esempi di architettura megalitica italiana con caratteristiche simili a quelle del cromlech di Stonehenge. La pietra è stata trovata ai piedi dei due basamenti piantati nel terreno: eretta all’ombra degli ulivi, testimone delle prime presenze di civiltà umana nel territorio pugliese, la struttura ha subito un danneggiamento non certo di poco conto, finendo in terra fra l’erba della Puglia dopo millenni di storia.
Sdegnata la comunità del piccolo centro del sud Italia che, tramite il sindaco, Paolo Fiorillo, ha fatto sentire la propria voce, rivolgendosi alle autorità perché possano contribuire a rintracciare gli autori di tale delitto “storico” e a restaurare il trilite di pietra. Attraverso il profilo Facebook ufficiale del Comune di Carpignano, sono state pubblicate anche due fotografie del danno subito dal dolmen, affiancate da un commento di indignazione: “Il trilite, uno dei monumenti segno dei primi insediamenti umani a Carpignano, situato in zona Santo Stefano detta anche ‘Manganaro’, è stato deturpato facendo cadere la lastra di copertura. Il Sindaco, d’accordo con l’Amministrazione Comunale, ha proceduto a denuncia contro ignoti. Invitiamo tutta la cittadinanza a collaborare ed a segnalare qualsiasi comportamento dubbio o illecito in modo da rintracciare chiunque abbia commesso un atto così vergognoso”. Il Comune ha nel frattempo sporto denuncia contro ignoti.
Un’azione riprovevole che, purtroppo, gode di un buon numero di precedenti in Italia (e non solo) tra incisioni illegali sulle superfici di monumenti patrimonio dell’umanità (l’ultimo non più di un giorno fa al Colosseo) e comportamenti deprecabili tenuti all’interno di musei e altri luoghi d’arte. L’atto vandalico nei confronti del dolmen pugliese è solo l’ultimo episodio in tal senso ma, come nelle altre occasioni, la portata morale e strutturale del danno non risulta in alcun modo più lieve, nemmeno alla luce delle esperienze pregresse. Anzi, non è che un’ennesima riprova di una tendenza tutta umana a non imparare mai dai propri errori. Il mancato rispetto delle tradizioni ancestrali e della memoria storica di una comunità risulta già di per sé un atto da condannare senza appello, esattamente nella stessa misura dell’effettiva portata del danneggiamento. Rimettere in sesto il dolmen sarà un lavoro faticoso; correggere la deviante mentalità vandalica di qualcuno, a questo punto sembra un’imprese che rade l’impossibile.