Alla faccia dell’etica e di tutti gli appelli delle associazioni umanitarie per contrastare la fame nel mondo: la popolazione degli Stati Uniti, secondo quanto emerso da uno studio realizzato da un ricercatore della “John Hopkins University”, sprecherebbe circa il 40% degli alimenti comprati. Una cifra “monstre” considerando che, in proporzione, tale quantitativo di cibi, qualora non finisse gettato nelle pattumiere delle abitazioni americane, basterebbe da solo a sfamare l’84% della popolazione mondiale. Un dato, questo, certamente poco edificante, segno evidente di come nella società del consumo si sia sviluppata, in una sorta di scoraggiante parallelismo, quella dello spreco. Niente di particolarmente nuovo ma avere a che fare con i numeri rende il quadro certamente più chiaro.
Disparità alimentari
Va detto che lo spreco alimentare è un problema che, in modi e quantità differenti, coinvolge un po’ tutte le società del mondo occidentale, quelle dove la disponibilità di risorse è decisamente più ampia. La realtà, a ogni modo, è che mentre lo sperpero di beni alimentari nostrano cresce, aumenta proporzionalmente il dislivello non solo fra i Paesi dei due emisferi ma, in egual modo, quello fra fasce diverse della stessa popolazione. L’esempio lampante, in questo senso, è presente nello stesso studio universitario, nel quale è stato evidenziato uno squilibrio di più che discrete proporzioni fra coloro che comprano più di ciò che mangiano e una parte di cittadini americani che, invece, alle risorse non hanno accesso. Secondo il ricercatore, lo spreco alimentare non lascia indifferente una nazione che, da tempo, ha preso in seria considerazione l’evidenza della disparità fra cibi consumati e sprecati.
Usa, lotta allo spreco
Probabilmente è proprio in virtù di tale presa di coscienza che gli Stati Uniti si sono posti come obiettivo il taglio degli sprechi di almeno il 50% entro il 2030. Una mission certamente importante ma che dovrà tenere in debito conto di un atteggiamento di tipo sociale che induce la popolazione degli States a sviluppare (sempre stando agli studi) una percezione errata, per la quale un cibo, pur non ancora scaduto, verrebbe considerato come già andato a male: la conseguenza, è l’affrettarsi a gettarlo piuttosto che a consumarlo entro la data riportata sulla confezione. Un dettaglio sul quale bisognerà sicuramente lavorare, ancor prima di aggiornare le tabelle statistiche.