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“Non è residente” scuolabus negato a una bimba nomade

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A soli quattro anni costretta a percorrere a piedi un percorso di circa 40 minuti a piedi. E’ la situazione di una bambina nomade a cui è stato revocato il servizio di scuolabus perché non ha la residenza, ma è domiciliata al campo nomadi di Strada della Berlia, a Collegno (Torino).

La vicenda

Ogni mattina la piccola deve fare 40 minuti a piedi per raggiungere la scuola e poi altrettanti per tornare a casa, visto che dista circa tre chilometri dal campo. Il padre è nato e cresciuto tra Torino e Collegno, ha la nazionalità comunitaria ma non quella italiana e non riesce ad ottenere la residenza, nonostante sia autorizzato a dimorare presso il campo nomadi assieme alla moglie e ai suoi due figli minori.

La denuncia

Tramite un avvocato, il padre ha presentato ricorso in tribunale contro il Comune, facendo presente che lo scorso anno la figlia aveva – nonostante ci fossero le stesse condizioni – la possibilità di usufruire del servizio.

Il Comune non ha accolto la domanda di residenza perché è privo di lavoro e non può dimostrare di essere indipendente dal punto di vista economico – spiega all’ANSA l’avvocato Federico Depetris – Il padre è ansioso di volersi inserire nel contesto sociale italiano e di voler garantire ai suoi figli un futuro migliore lontano dal campo rom. Il modo migliore per consentire l’integrazione è garantire l’accesso ai servizi pubblici essenziali come istruzione,salute, lavoro, mentre il mio cliente non può avere un medico di famiglia e sua figlia non può usare lo scuolabus”. 

Manuela Petrini: