Una nuova tassa regionale, accompagnata da registri, controlli e assistenza sanitaria. E fino a qui non ci sarebbe nulla di strano nella proposta fatta dalla Lega Nord dell’Emilia Romagna, se non fosse per il fatto che quello che vogliono tassare è la prostituzione. “E’ un fenomeno che in Italia c’è sempre stato, sempre ci sarà, cerchiamo di regolamentarlo con l’obiettivo di tutelare i più deboli. – scrive Matteo Ranca, il consigliere primo firmatario – La Corte di giustizia europea considera la prostituzione come un’attività economica, per questo può essere sottoposta a tassazione”.
Ecco l’ennesima ipocrisia dei politici italiani. Considerare la vita di strada come un’attività su cui lucrare. Lo Stato come i papponi, dunque. Alla fine che importa se a farne le spese sono le migliaia di ragazze che vengono sfruttate e trattate come merce da milioni di maschi italiani? In fin dei conti non sono mica le loro figlie, quindi si può chiudere un occhio su che sorte avranno, ignorare che vengono rapite dai loro Paesi, portate con l’inganno in Italia con la promessa di un lavoro decente e invece si ritrovano sulle strade a soddisfare le pulsioni sessuali di chi, per sentirsi virile, deve pagare, sfruttare e umiliare una donna, molto spesso minorenne.
Ma a preoccupare il consigliere sono le sorti dei deboli, dice lui. Ma quali di preciso? Perché se avesse davvero a cuore quello che lui stesso definisce i più deboli, invece di pensare di tassare la prostituzione, istituire dei registri e attivare i controlli sanitari, si adopererebbe insieme agli altri appartenenti della classe politica italiana per debellare questa piaga liberando le giovani schiave. Ma come è noto, in Italia il giro della prostituzione coinvolge più di 9 milioni di clienti e vale circa 5 miliardi di euro. Quindi come farsi sfuggire un’occasione come questa per rimpinguare le casse delle regioni?