Da tempo la giurisprudenza in Italia riconosce il diritto di satira quale espressione del combinato disposto degli articolo 21,9 e 33 della Costituzione, che tutelano rispettivamente la libertà di pensiero ed espressione, lo sviluppo della cultura e la libertà di creazione artistica. Come ogni diritto, però, anche quello alla satira “funziona” se si muove all'interno di un perimetro che assicuri tanto il rispetto della legge, che quello della morale comune.
Muro imbrattato
Cosa non avvenuta nel quartiere Ostiense di Roma, all'interno di un sottopasso, dove è comparso un murale che ritrae il vicepremier e ministro dell'Interno Matteo Salvini in tonaca da prete, crocifisso brandito in una mano e libretto nell'altra. Sulle nocche del leader leghista compaiono inoltre le parole “love” (mano destra) e “hate” (sinistra), come quelle dell'inquietante predicatore interpretato da Robert Mitchum nel film “La morte corre sul fiume“.
Fede alla berlina
L'ignoto autore, insomma, per mettere alla berlina un esponente del governo non solo ha deliberatamente sporcato un muro della città ma ha utilizzato anche simboli riconducibili alla fede cristiana e cattolica, urtando il sentimento religioso di milioni di italiani. Sta diventando una triste (a tratti allarmante) consuetudine quella di sfruttare simbologie sacre per fare ironia o portare avanti battaglie politiche. Ripetiamo: il problema non è la satira, né il singolo uomo politico che finisce nel suo mirino, ma le modalità con cui essa si svolge. Vergognose in questo caso.