In Cina ogni anno vengono emesse più di cinque miliardi di tonnellate di Co2. La situazione è critica e lo smog, per le strade delle città, è diventato una coltre grigia che sembra carezzare i grandi edifici. Nell’ultima settimana Pechino ha dovuto fare i conti con un pesante innalzamento dei livelli di inquinamento, tali da rendere l’aria quasi irrespirabile: l’intera città è coperta da una vera e propria cappa di fumi tossici, tanto densa da limitare la visibilità a pochi metri di distanza. L’amministrazione è stata costretta a ridurre al minimo le attività all’aperto e i cittadini girano perennemente con mascherine sul volto; gli unici luoghi sicuri rimasti, ormai, sono quelli al chiuso.
L’allerta per inquinamento atmosferico ha raggiunto il livello arancione, appena inferiore a quello rosso, che costringerebbe tutti gli abitanti a chiudersi in casa senza aprire le finestre. Ma quasi nessuno ha intenzione di attendere l’allarme massimo per evitare di farsi una passeggiata e molti affermano di aver già serrato le porte della propria abitazione.
E’ una situazione allarmante, un picco che rappresenta lo stato globale di criticità in cui versa tutto il pianeta; gli studiosi avvertono: la caratteristica più preoccupante del surriscaldamento globale è la sua irreversibilità e ciò che occorre, oggi, è una coesione globale atta a contrastare al meglio questo fenomeno. Ma a partire dal boicottaggio del summit a Palazzo di Vetro del 22 settembre scorso fino all’allerta degli ultimi giorni, la Cina continua a boicottare eventuali iniziative per una conversione all’ecosostenibilità.