L'attenzione degli analisti politici è tutta focalizzata sulle imminenti elezioni per il Parlamento europeo. Dagli esperti vengono sviscerati, punto per punto, i programmi dei partiti in competizione. Le biografie dei maggiori leader sono state spiattellate in tutte le salse dai media. Ad ogni ora del giorno è possibile guardare in tv un dibattito tra chi lotta per la carica di eurodeputato. Eppure in tutta questa giusta attenzione per l'evento ci sono due grandi assenti. La maggior parte degli osservatori non ha messo in luce che nei 28 Stati membri si vota a cavallo del 23 e del 26 maggio. Qunidi con la conseguenza che gli esiti elettorali saranno parzialmente influenzati dagli exit poll delle prime nazioni scrutinate.
Lo slalom degli elettori
Giovedì 23, le urne sono state aperte nei Paesi Bassi e nel Regno Unito; ieri è toccato ad Irlanda e Republica Ceca. Qui la vera incognita è rappresentata dall'astensionismo: alle elezioni del 2014 si recò alle urne solo il 18% degli aventi diritto. In Irlanda, invece, andò a votare il 52% degli elettori e quest'anno l'affluenza potrebbe aumentare dal momento che si vota anche per un referendum per allentare le restrizioni sul divorzio contenute nella Costituzione. Oggi spetta alla Lettonia esprimere le sue preferenze elettorali; domani toccherà all'Italia. E questi sono soltanto sei “ostacoli” dell'irragionevole tornata, sotto il profilo logisrico, che coinvolge milioni e milioni di elettori europei. Anche il cittadino meno permeabile all'influenza esercitata dalle notizie dei giornali non può che essere condizionato da quanto è accaduto nei Pesei vicini. Situazione che ricorda l'ultima giornata di campionato, dove le squadre non giocano tutte allo stesso orario. Diciamo che per far sì che tutto sia corretto bisognerebbe fissare i match in contemporanea. Però chi è ai massimi vertici delle istituzioni europee e calcistiche a questo non ha pensato. Anzi ha preferito almeno in parte alterare entrambe le competizioni.