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Napoli, rompe il naso alla dottoressa che curava la figlia

Siamo davvero un popolo sempre più cattivo, dove chiunque è pronto a saltare alla giugulare dell'altro per la minima cosa. Nella notte tra martedì 20 e mercoledì 21 agosto una dottoressa del Pronto soccorso dell'ospedale San Giovanni Bosco di Napoli, Adelina Laprovitera, è stata aggredita dalla madre di una paziente, riportando la frattura del setto nasale e una prognosi di un mese.

“Non ho paura”

Da una prima ricostruzione, il chirurgo quella sera era di turno e stava suturando la ferita al braccio di una ragazza che si era tagliata in un incidente domestico. La madre della paziente aspettava davanti alla sala suture, così la dottoressa ha chiesto che venisse fatta allontanare. A quel punto, hanno raccontato degli operatori dell'ospedale, la donna è scattata a ha aggredito Laprovitera e l'ha colpita al volto, ferendola. “Fortunatamente pare che non dovrò operarmi” ha detto all'Ansa la dottoressa, perché ritiene ci siano cose più importanti della sua degenza. “Sono schifata ma non ho paura e spero di tornare pretso a riempire la mia casella nei turni del pronto soccorso, perché siamo in pochi e lavoriamo al limite”. L'Asl campana ha già avviato una verifica interna per verificare cosa sia effettivamente successo. Napolitodaty.it riporta le parole sostegno del presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca: “Desidero esprimere la mia solidarietà e vicinanza alla dottoressa. Ricordiamo che da oltre un anno abbiamo presentato la richiesta formale per l'istituzione di un posto di polizia al San Giovanni Bosco”.

Un lungo elenco

Ma mentre la lista delle aggressioni a medici e infermieri, soprattutto nei pronto soccorsi durante le ore notturne, si allunga, tutto nel Paese resta fermo. Dopo il via libera della Commissione Igiene e sanità, il disegno di legge contro le aggressioni al personale sanitario si è “spiaggiato” in Senato e prevedibilmente con la crisi di governo in corso e tutto quello che ne consegue resterà lì ancora per un po'. Inoltre, sono poche le strutture dotate di una postazione di vigilanza. La notte del 18 agosto all'ospedale Villa Sofia di Palermo, due medici sono stati presi a spintoni da una ventina di persone che hanno sferrato calci e pugni alla porta a vetri della sala di risonanza magnetica dove si trovava un loro parente. Meno di due settimane prima, il 6 agosto, due dottori di turno al Pronto soccorso del Policlinico “Umberto I” di Roma sono stati attaccati da due persone che si lamentavano dell'attesa troppo lunga. Lo scorso anno un ortopedico è stato colpito alla testa con delle forbici da un paziente lo scorso anno ad Acireale, in provincia di Catania. Soltanto nel 2018, 1.200 medici operatori sanitari hanno denunciato violenze, sia verbali che fisiche nei loro confronti, di cui la metà provengono da pazienti che danno in escandescenze – magari sotto l'effetto di alcolici o stupefacenti – e dai loro parenti. Il 70% degli episodi al Sud e nelle isole. Bisogna davvero intervenire rapidamente al livello normativo, pratico e culturale perché questa 'epidemia' di aggressioni ai camici bianchi sta superando ogni limite.

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